Il paradosso legato al consumo di carne: ovvero, come possiamo amare gli animali e al contempo mangiarli.

La relazione tra esseri umani e animali è moralmente complessa. Tale complessità deriva dal nostro comportamento ambivalente nei confronti degli animali ed è esemplificata al meglio nel consumo di carne. Mangiare carne è moralmente problematico perchè contrappone il nostro desiderio di non far del male agli animali con il nostro appetito per le loro carni. Questa tensione-amare gli animali e amare il consumo di carne- rappresenta l’essenza del paradosso legato al consumo di carne.

La carne costituisce una parte importante della dieta dei paesi occidentali. Un italiano medio consuma all’incirca 90 kg di carne l’anno, con un incremento di circa il 200% dagli anni ’60 (WRI, 2010). Per soddisfare questa crescente richiesta è necessario produrre una gran quantità di carne. Prendendo in considerazione la sola produzione interna, nel 2001 l’Italia ha prodotto 4.1 tonnellate di carne (WRI, 2010). La produzione di questa gran quantità di carne richiede la macellazione di un gran numero di animali. Nei soli Stati Uniti il numero di animali uccisi ha raggiunto il tetto di 9 bilioni di animali per anno (Joy, 2010). Questa cifra non comprende il consumo dei paesi europei, il crescente consumo di carne nei paesi non-occidentali e l’allevamento e consumo di pesce. In breve, mangiamo sempre più carne e questo significa che un maggior numero di animali è destinato a essere ussciso. 

Queste statistiche potrebbero far pensare che viviamo in un epoca in cui non ci si cura affatto degli animali. Macelliamo un numero sempre crescente di animali per soddisfare il nostro crescente appetito di carne. Tuttavia, ci sono buone ragioni per sostenere che la società in cui viviamo mostra un interesse sempre crescente per il benessere degli aniamli. Secondo la American Pet Association, un terzo degli americani possiede un cane (39%) oppure un gatto (33%) e i proprietari di animali da compagnia spendono complessivamente 43 bilioni di dollari l’anno per i loro animali (APPA, 2009). Possedere un numero cresente di animali fa si che in generale ci si prenda maggiormente cura di loro. In Italia, atti di crudeltà nei confronti degli animali possono portare a una condanna fino a tre anni di reclusione (Gazzetta Ufficiale, 2004). Il fatto che il possesso di animali sia così diffuso e la presenza di leggi così severe contro atti di crudeltà nei loro confronti, sembra contrastare con il nostro crescente consumo di carne. Come può una società da una parte uccidere bilioni di animali per cibo e dall’altra farli entrare nelle proprie case e approvare leggi per proteggerli? Come possono le persone amare al contempo gli animali e le loro carni? In breve, come fanno le persone a gestire il paradosso legato al consumo di carne?

Nel presente contributo suggeriamo che esistono due possibili percorsi per uscire da questo paradosso. Il primo implica la cessazione del consumo di carne. Poiché i vegetariani non mangiano carne, non provano questa tensione tra l’amore per gli aniamli ed il consumo della loro carne. Tuttavia, la stragrande maggiornaza delle persone opta per un’altra soluzione. Proponiamo che questo secondo percorso abbia a che fare con la diminuzione dei diritti morali degli animali. Fare del male agli aniamli risulta problematico solo se si pensa che anche gli animali possiedono dei diritti morali. Atrraverso la riduzione di tali diritti, ferirli risulta meno problematico. Nel presente lavoro, presenteremo evidenze a favore di entrambe questi percorsi. Nello specifico, presenteremo risultati di ricerche che mostrano come i vegetariani vedono gli animali in modo veramente molto diverso rispetto agli onnivori e che gli onnivori mettono in atto una serie di meccanismi cognitivi e motivazionali per eludere il paradosso legato al consume di carne.

Non magiare carne: i vegetariani ed il paradosso legato al consumo di carne

Una soluzione al paradosso legato al consumo di carne, è quello di smettere di mangiare carne. Il riconoscimento dei diritti degli animali non è messo a rischio quando si mangiano verdure. Le persone diventano vegetariane per una varietà di motivi legati alla salute, la fede religiosa e ragioni di carattere morale. Le persone che scelgono di diventare vegetariane per ragioni morali, considerano l’uccisione degli aniamli per il consmo della loro carne una violazione inaccettabile dei loro diritti (Ruby, in stampa). Di conseguenza, potremmo aspettarci che questa tipologia di vegetariani riconosca i diritti degli animali in maggior grado rispetto agli onnivori. Infatti, una recente ricerca ha mostrato che effettivamente vegetariani e onnivori percepiscono gli animali in modo veramente diverso. Bilewicz e collaboratori (Bilewicz, Imhoff, & Drogosz, 2011) hanno mostrato che, rispetto agli annivori, i vegetariani hanno un’idea molto diversa riguardo le capacità emotive degli animali. In una serie di tre studi, hanno mostrato che gli onnivori-ma non i vegetariani- tendono a negare agli animali la capacità di provare emozioni complesse o, detto altrimenti, li infra-umanizzano. Inoltre, gli onnivori distinguono in maniera netta tra le emozioni che possono provare gli animali destinati al consumo e gli animali la cui carne non è destinata al consumo alimentare ; una distinzione, questa, che i vegetariani non fanno. La negazione di emozioni è importante perchè queste sono tipicamente le caratteristiche attribuite a gruppi umani considerati importanti. Negare agli aniamli la capacità di provare emozioni rappresenta un modo subdolo attraverso il quale vengono esclusi da preoccupazioni di ordine morale. 

Da una diversa prospettiva, Loughnan e Bastian (2011) hanno indagato come  vegetariani e  onnivori pensano rispetto alle capacità mentali degli aniamli destinati al consumo alimentare (i.e., mucche, pecore) quando viene fatto pensare loro che questi animali verranno uccisi. Quando viene ricordato loro che un aniamle è destinato a morire per il consumo di carne, i vegetariani non cambiano la loro attribuzione di stati mentali agli animali. Diversamente, quando lo stesso pensiero viene reso saliente a coloro che mangiano carne, essi riducono l’ attribuzione di stati mentali agli animali. Queste due recenti linee di ricerca suggeriscono dunque che vegetariani e onnivori hanno modi profondamente diversi di percepire gli animali.Nello specifico, i vegetariani attribuiscono agli animali la capacità di provare una ricca gamma di emozioni così come di esperire stati mentali complessi. Tali emozioni e stati mentali dotano gli animali di diritti morali che i vegetariani proteggono rifiutandosi di mangaire carne. Per chi consuma carne, invece, negare emozioni e stati mentali complessi, può rappresentare un modo difensivo per continuare a mangiare carne. 

Mangiare carne e amare gli animali : gli onnivori e il paradosso legato al consumo di carne

Un aspetto dell’essere vegetariani sembra essere il riconoscimento che gli animali possiedono le capacità mentali che li rendono degni di rispetto morale. Nello specifico, provano emozioni (possono soffrire) e hanno una mente (pensieri e sentimenti). Provare emozioni e possedere una mente in grado di esperire la sofferenza rappresentano prerequisiti fondamentali per acquisire considerazione morale (Gray, Gray, & Wegner, 2007). Considerare la mente degli animali come elementare o semplice, permette forse agli onnivori di attribuire loro una minor considerazione morale e duqnue considerare la loro sofferenza meno importante. Questo può essere vero in particolare per gli animali le cui carni sono generalmente destinate al consumo, rispetto agli animali non destinati al consumo. Per esempio, prendiamo in considerazione la falsa credenza secondo la quale i cani sarebbero più intelligent dei maiali oppure che i pesci non sarebbero in grado di provare dolore (Joy, 2010). Di seguito, presenteremo una serie di studi che mostrano come in letteratura vi sia un’emergente riconoscimento del fatto che, attravreso una varietà di meccanismi motivati e non-motivati, gli onnivori sono in grado di continuare a mangiare carne nonostante ciò implichi il riconoscimento che tale abitudine comporta la morte di animali. 

Aspetti motivazionali

Il consumo di carne pone un problema da un punto di vista morale e anche il più accanito consumatore di carne probabilmente non desidera pensare ad una mucca mentre sta mangiando una bistecca. Perché coloro che mangiano carne dovrebbero sentirsi a disagio? La maggior parte delle persone ritiene che gli animali non dovrebbero essere trattati male –uccisi- dall’industria alimentare. Il riconoscimento che le loro credenze (gli animali non dovrebbero essere trattati male) non coincidono con le loro azioni (mangio carne), crea una tensione insopportabile. In psicologia questa tensione viene definita ‘dissonanza cognitiva’ ed è caratterizzata da uno stato di disagio di cui le persone vogliono liberarsi. Un modo per superare questo stato di tensione è cambiare modo di comportarsi e infatti i vegetariani evitano questo sentimento di disagio evitando di mangiare carne. Un altro modo è cambiare le proprie credenze. Trovare un modo per minimizzare o negare che agli animali venga fatto del male a causa del nostro consumo di carne,serve ad evitare l’occorrenza di questa tensione negativa tra credenze e comportamento. In anni recenti, diversi studi hanno suggerito che coloro che consumano carne agisco proprio in questo modo, cioè modificano le loro credenze riguardo agli animali adattandoli al loro palato. 

In un studio Loughnan e colleghi (Loughnan, Haslam, & Bastian, 2010) hanno chiesto ai partecipanti di prendere parte ad uno compito inerente ‘le scelte dei consumatori’. Ai partecipanti veniva chiesto di mangiare o una barretta di carne essicata oppure una banana essicata. Dopo aver mangiato la carne oppure la banana, i partecipanti erano invitati a prendere parte ad un secondo studio apparentemente non legato al precedente. In questo secondo studio, i partecipanti dovevano riportare quali erano secondo loro gli animali degni di un trattamento morale e le loro credenze riguardo ai diritti morali di una mucca. I partecipanti che avevano precedentemente mangiato carne riportavano un ristretto numero di animali degni di rispetto morale e ritenevano in minor grado che una mucca meriti un trattamento morale. Questi risultati sono stati replicati  anche nel caso in cui ai partecipanti veniva ricordato l’origine animale della carne oppure veniva chiesto loro di scrivere un breve paragrafo riguardo al processo di produzione della carne (Bastian et al., in stampa). Questi risultati suggeriscono che una prima risposta al paradosso legato al consumo di carne è quella di minimizzare i diritti morali degli animali. 

In una serie successiva di studi, Bastian e colleghi (Bastian, Loughnan, Haslam, & Radke, in stampa) hanno indagato se la negazione dei diritti morali degli animali fa effettivamente sentire meglio coloro che mangiano la carne rispetto alla loro scelta alimentare. Una volta arrivati in laboratorio, ai partecipanti veniva chiesto di mangiare o delle fette di roast beef oppure delle fette di mela. Prima di mangiare il cibo ai partecipanti veniva chiesto di valutare i diritti morali delle mucche. I partecipanti che sceglievano il roast beef e valutavano scarsamentei diritti morali delle mucche, riportavano di sentirsi meno in colpa e di provare meno vergogna riguardo al loro consumo di carne. Questi risultati offrono una visione critica del processo psicologico legato al consumo di carne. Quando viene ricordata l’origine animale della carne, le persone sembrano degradare lo status morale degli animali al fine di ridurre i sentimenti di colpa e di vergogna. Tale denigrazione degli animali da parte di coloro che consumano carne è motivata dai sentimenti negativi provocati dal mangiare un’altra creatura vivente. 

Aspetti cognitivi

La discussione precedente riguardo al consumo di carne, denigrazione e colpa potrebbe far sembrare i lettori onnivori eccessivamente complessi.La maggior parte delle persone non pensa agli animali o avverte disagio quando mangia carne, dal momento che questo comportamento fa parte della vita di tutti giorni. Questo può essero in parte vero e noi suggeriamo che i modi in cui spontaneamente tendiamo a pensare agli animali possa servire ad evitare il paradosso legato al consumo di carne. In altre parole, il modo in cui le persone generalmente percepiscono gli animali è funzionale a mantenere la credenza che  mangiarli non rappresenta un problema da un punto di vista morale.

Quando pensiamo ad uno specifico  animale spesso abbiamo in mente un preciso ‘schema di riferimeto’, cioè abbiamo un preciso schema riguardo al modo in cui vediamo l’animale: il mio cane è un animale da compagnia, il mio cavallo rappresenta un mezzo di trasporto e il mio maiale rappresenta un pasto. Questi schemi di riferimento non sono necessariamente dettati dai miei bisogni: ad esempio riconosco che anche il maiale del mio vicino di casa non è un animale da compagnia e rappresenta carne destinata al consumo. Questa tendenza a collocare gli animali in differenti categorie può avere importanti implicazioni per il modo in cui vengono trattati (Herzog, 2010). La psicologia cognitiva ha da tempo mostrato che appartenere ad una certa categoria evidenzia le caratteristiche rilevanti di tale appartenenza. Applicato agli animali, essere categorizzato come animale da consumo può rendere saliente la quantità e qualità della carne, mentre essere un animale da compagnia può rendere salienti i tratti di personalità. Un recente studio mostra come questi processi di categorizzazione spontanea, non-motivata siano importanti per il modo in cui le persone percepisco gli animali destinati al consumo. Bratanova e colleghi (Bratanova, Loughnan, & Bastian, 2011), hanno mostrato ai partecipanti un animale che non avevano mai incontrato: il canguro arboricolo. Oltre a informazioni di base riguardo l’animale, ai partecipanti veniva detto che i canguri arboricoli sono considerati animali da consumo oppure non veniva fatto alcun riferimento alla possibilità di cibarsi di questi animali. Aspetto importante, nessuno dei partecipanti aveva mai mangiato in precedenza un canguro arboricolo, escludendo così la possibilità che qualcuno di essi potesse essere spinto da motiazioni personali a negare lo status morale di questi animali. Tuttavia, i partecipanti ai quali veniva detto che l’animale veniva regolarmente mangiato, attribuivano significativamente meno diritti morali all’animale in confronto a quei partecipanti ai quali non era stata fatta menzione della possibilità di cibarsi di questo animale. Questi risultati suggeriscono che semplicemente considerando un animale una possibile fonte di cibo, porta a sopprimere i suoi diritti morali anche in assenza di un’esplicita motivazione ad evitare sentimenti di disagio.

Anche il processo di categorizzazione riveste un ruolo importante quando pensiamo alla relazione umano-animale. Prendere in considerazione le differenze fra esseri umani e animali è importante per comprendere la psicologia di coloro che consumano carne dal momento che gli esseri umani – nonostante siano fatti di carne- generalmente non sono considerati commestibili. E’ stato recentemente mostrato come modi diversi di inquadrare la dicotomia umano-animale influenzi il modo di pensare delle persone riguardo ai diritti morali degli aniamli. In una serie di studi, Bastian e colleghi (Bastian, Costello, Loughnan, & Hodson, in stampa) hanno mostrato come le persone impegnate a pensare a ciò che rende gli animali simili agli esseri umani mostravano una maggiore preoccupazione per i diritti degli animali. Tuttavia, questo non succedeva quando le persone si focalizzavano su ciò che rende gli esseri umani simili agli animali. In altre parole, quando gli aspetti umani degli animali vengono enfatizzati la nostra preoccupazione per i loro diritti morali aumenta e la nostra disponibilità a mangiarli diminuisce. In maniera differente, enfatizzare gli aspetti animali degli esseri umani non provoca simili effetti. Questi risultati suggeriscono che destreggiandoci fra i diversi modi in cui tendiamo a vedere la dicotomia umano-animale, possiamo aumentare o diminuire la nostra preoccupazione per i diritti degli animali e la nostra disponibilità a mangiarli.

Le due precedenti linee di ricerca mostrano come sia possibile negare lo status morale degli animali in virtù dei modi in cui generalmente li categorizziamo. Attraverso il riconoscimento che un aniamle è destinato al consumo, oppure focalizzandosi sulle caratteristiche che rendono gli esseri umani simili agli animali (ma non ciò che rende gli animali simili agli umani), entrambi questi metodi rendono lo sfruttamento degli animali ed il consumo della loro carne maggiormente appropriato poichè in entrambi i casi i  loro diritti morali vengono sminuiti. In breve, gli onnivori mostrano di possedere una serie di meccanismi consolidati attravreso i quali categorizzano gli animali e inquadrano la dicotomia umano-animale. Tali meccanismi agiscono automaticamente per sopprimere i diritti morali degli animali.

Conclusioni

Esitono diversi modi per risolvere il paradosso legato al consumo di carne. Interrompere il consumo di carne rappresenta un metodo efficace. I vegetariani non vedono alcuna tensione tra la loro dieta alimentare e la protezione dei diritti morali degli animali. Tuttavia, la grande maggioranza delle persone non è destinata a diventare vegetariana e invece troverà modi per continuare a consumare carne. Per gli onnivori, esistono diverse scorciatoie mentali per continuare a consumare carne. Alcune di queste sembrano essere motivate: minimizziamo i diritti morali degli animali quando vogliamo mangiare carne e facendo questo ci sentiamo meglio ( o almeno meno in colpa). Tuttavia, il consumo di carne non è del tutto un processo cinico. Il modo in cui generalmente pensiamo agli animali e li categorizziamo- edibili o non edibili- e il modo in cui pensiamo alla dicotomia umano-animale, gioca un ruolo importante nella nostra decisione di mangiare carne. Non ci sono evidenze empiriche a favore del fatto che questi processi siano motivati, suggerendo che il paradosso legato al consumo di carne raramente entra nel fuoco di attenzione delle persone.  Dato che queste credenze sono profondamente radicate, sembra probabile che negli  anni a venire un gran numero di persone continuerà a trovare modi per mangiare gli animali.

Glossario

Infra-umanizzaizone: tendenza implicta ad attribuire un minor grado di essenza umana a gruppi sociali esterni rispetto al proprio gruppo di appartenenza (Leyens et al., 2001).

(de) Mentalizzaizone: L’attribuzione di mente ad altri; la credenza che altre persone o gruppi possono esperire certi stati mentali. La negazione di quetsi stati mentali ad un entità che dovrebbe in realtà possedere una mente viene definita de-mentalizzazione (Kozak, Marsh, & Wegner, 2006).

Dissonanza cognitiva: stato emotivo indesiderabile che proviene dal possedere due credenze in conflitto tra loro (si veda Harmon-Jones & Mills, 1999 per una recente rassegna).

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