Stare bene a scuola. Il benessere percepito degli insegnanti di scuola secondaria di II grado

Il benessere degli studenti nel contesto scolastico è in larga parte influenzato dal benessere degli insegnanti (Jennings & Greenberg, 2009). Docenti emotivamente e socialmente competenti, infatti, promuovono relazioni rispettose e supportive tra gli studenti, contribuiscono all’accrescimento del senso di autonomia e competenza in classe, e incoraggiano la motivazione allo studio (e.g., Hamre & Pianta, 2010; Niemiec & Ryan, 2009), riducendo negli studenti il rischio di sviluppare difficoltà comportamentali ed emotive (e.g., DeSantis King et al., 2006). Perciò, gran parte della ricerca psicologico-educativa è finalizzata a individuare quali dinamiche e fattori abbiano un ruolo nell’influenzare lo stato di benessere degli insegnanti a scuola.

Se paragonati a docenti di altri livelli scolastici, i professori di scuola secondaria di II grado sono solitamente poco considerati nelle ricerche sul benessere, sulle emozioni e sulle relazioni a scuola nella letteratura internazionale (Sutton & Wheatley, 2003). Eccetto alcuni studi (e.g., Otèro-Lopez et al, 2014; Simbula et al., 2012), gli insegnanti di scuola secondaria fanno solitamente parte di campioni di ricerca più ampi, che comprendono anche colleghi di altri ordini (e.g., Guglielmi et al., 2014; McInerney et al., 2018; si veda anche Sutton & Wheatley, 2003). Questo elemento è associato ad un’altra tendenza della ricerca educativa, invertita solo negli ultimi anni: la sovrarappresentazione delle componenti cognitive dell’insegnamento e della vita di classe (credenze, atteggiamenti, opinioni; e.g., Collie et al., 2015), a discapito dell’approfondimento delle dinamiche emotive. Eppure, la ricerca sui rischi per il benessere identifica proprio nelle emozioni e nelle relazioni una delle principali cause del malessere degli insegnanti (Sutton & Wheatley, 2003). Eppure ancora, gli insegnanti della scuola secondaria si relazionano ogni giorno a una fascia della popolazione giovanile, gli adolescenti, che tipicamente ha bisogno di un interlocutore attento e disponibile al confronto (e.g., Geving, 2007).

A partire da queste osservazioni, è nato l’obiettivo di verificare lo stato dell’arte della letteratura degli ultimi vent’anni sulle dinamiche che contribuiscono al benessere dei professori di scuola secondaria di II grado, così come è concettualizzato dalla psicologia positiva. I lavori citati di seguito, dunque, non riguardano genericamente tutti gli studi concentrati sulle dimensioni di benessere/malessere a scuola, ma quei lavori che, per riferimenti teorici e/o costrutti indagati, rispondono al rationale della psicologia positiva. Questa branca della psicologia si occupa in modo specifico delle risorse psicologiche di individui, gruppi e organizzazioni, valorizzando le componenti cognitive ed emotive del benessere (Csikszentmihalyi, 2014). La psicologia positiva nasce, infatti, dall’esigenza di studiare gli aspetti positivi dell’esistenza umana, a fronte di una tendenza generale, nella psicologia del secolo scorso, a dare attenzione agli aspetti negativi dei processi psicologici (Seligman & Csikszentmihalyi, 2000). Dal punto di vista della psicologia positiva, lo studio del benessere è tradizionalmente ricondotto a due grandi filoni teorici: il benessere psicologico e il benessere soggettivo (e.g., Kashdan et al., 2008). Il benessere psicologico è definito come l’insieme delle condizioni che consentono all’individuo di realizzarsi pienamente dal punto di vista personale, relazionale, lavorativo e spirituale (Ryff & Singer, 2000; Ryan et al., 2008). Il filone del benessere soggettivo, invece, misura la percezione soggettiva del “sentirsi bene”, descrivendo il benessere sulla base di criteri la soddisfazione di vita e l’equilibrio tra le emozioni positive e quelle negative (Diener et al., 1999). Di fatto, i due approcci vanno di pari passo: è verosimile che una persona che si “senta bene” sia anche in grado di avere controllo della propria vita e di raggiungere i propri obiettivi e viceversa. Infatti, è stato dimostrato che alla domanda “Cos’è per te il benessere?” le persone tendono a menzionare aspetti appartenenti ad entrambi gli approcci (Delle Fave et al., 2011). Questa visione più integrata è conforme alla definizione di benessere del UK Foresight Mental Capital and Wellbeing Project (2008), secondo cui il benessere è “uno stato dinamico, in cui l’individuo riesce a sviluppare il proprio potenziale, lavorare in modo produttivo e creativo, costruire relazioni significative e positive, e contribuire alla propria comunità (Foresight Mental Capital and Wellbeing Project, 2008, p.10), e chiama direttamente in causa la dimensione professionale come parte dello stato di benessere generale dell’individuo (Halbesleben, 2010).

Lo studio del ‘benessere’ lavorativo, conformemente alla critica mossa dalla psicologia positiva a proposito del focus in ricerca sugli elementi di rischio per la salute psicologica, comprende, tra i filoni di studio più ‘classici’, l’analisi del rischio di burnout. Il burnout è tradizionalmente definito come una sindrome caratterizzata da esaurimento emotivo, distacco dalle situazioni lavorative e ridotto senso di realizzazione, dovuto principalmente alla relazione con l’utenza (nel caso dei docenti, gli studenti; Maslach & Jackson, 1981). Più recentemente, Schaufeli e colleghi (2008), hanno ridefinito il burnout come lo sbilanciamento cronico tra le richieste esterne e le risorse disponibili. Secondo gli ultimi rapporti dell’OCSE-TALIS e dell’Osservatorio Nazionale per la Salute e il Benessere degli Insegnanti (ONSBI), quest’ultima definizione sembra rispondere meglio al rischio di burnout che caratterizza gli insegnanti italiani. Da questi studi, infatti, emerge una condizione di malessere relativa tanto alla dimensione sociale, quanto alle infrastrutture e all’organizzazione del lavoro. Secondo il rapporto TALIS del 2013, i docenti italiani sono tra le ultime posizioni per il riconoscimento sociale percepito della professione. Inoltre, nel 2015 la ricerca dell’ONSBI ha sottolineato la bassa soddisfazione della categoria per le condizioni fisiche e organizzative delle scuole (Fiorilli et al., 2015). Questo tipo di studi, benché consenta di verificare i livelli di rischio per la salute fisica e psicologica del corpo docente e i fattori che li influenzano, è poco informativo rispetto agli elementi che contribuiscono a generare una condizione di benessere.

Tra gli studi che analizzano il benessere lavorativo in un’ottica di risorsa, si sottolinea di frequente il ruolo delle percezioni del contesto lavorativo da parte dei lavoratori. Coerentemente con la corrente che studia il benessere soggettivo (e.g., Diener et al., 1999), infatti, il modo con cui gli insegnanti percepiscono le condizioni lavorative e le relazioni scolastiche influenza non solo il benessere a scuola, ma anche la loro vita in generale (e.g., Kinman et al., 2011). Quali sono, allora, i fattori che gli insegnanti di scuola secondaria di II grado prendono in considerazione quando valutano il proprio benessere? A partire da questa domanda, è stata analizzata la letteratura internazionale in lingua inglese su riviste peer reviewed, includendo gli studi effettuati su campioni di docenti di questo livello scolastico, pubblicati tra il 2000 e il 2017, a proposito dei fattori più frequentemente studiati nell’ambito del benessere lavorativo (descritti di seguito). A causa dell’esiguo numero di studi individuati (poco più di 50, di cui la maggior parte concentrati sulle dimensioni di rischio), si è deciso di considerare, mantenendo gli stessi criteri, anche studi che consideravano i docenti di scuola secondaria di II grado insieme a colleghi di altri ordini scolastici.

Complessivamente, in accordo con la letteratura sul benessere lavorativo riferita ad altre categorie professionali, i fattori implicati nella percezione dei docenti del proprio benessere a scuola sono di tipo personale, professionale e/o relazionale (e.g., Day & Leitch, 2001; Prilleltensky & Prilleltensky, 2006; Rath & Harter, 2010). Molte delle dimensioni descritte di seguito comprendono fattori cognitivi e motivazionali relativi alle condizioni lavorative, evidenziando il gap, dichiarato all’inizio del lavoro, circa le ridotte informazioni sulla dimensione emotiva della professione docente nella scuola secondaria.

L’insieme delle dimensioni riconducibili ai fattori personali comprende costrutti come l’identità professionale, le motivazioni che hanno portato a scegliere questo lavoro, il senso di efficacia. Quest’ultima è la dimensione personale più frequentemente studiata in relazione al benessere dei docenti. Un insegnante ha alta autoefficacia quando crede nelle proprie capacità di porsi obiettivi lavorativi e mettere in atto tutte le operazioni necessarie a raggiungerli (Tschannen-Moran et al., 1998). Quando un insegnante si sente efficace, non solo si protegge dal rischio di burnout, o di depressione, ma apprende anche nuove strategie di coping e diventa più resiliente (Skaalvik & Skaalvik, 2007, 2010). Insegnanti di scuola secondaria con alti livelli di autoefficacia, infatti, si sentono più coinvolti nel lavoro a scuola, gestiscono meglio le difficoltà provenienti dalla relazione con il dirigente e i colleghi, e sono più soddisfatti della relazione con i propri studenti (Betoret, 2006; Rodrìguez-Sanchez et al., 2011).

Il secondo fattore è la dimensione professionale. Essa comprende il grado di soddisfazione e coinvolgimento personali nel lavoro, le caratteristiche attribuite all’organizzazione di cui si fa parte e il riconoscimento sociale del proprio ruolo professionale. In questa categoria, una prima dimensione studiata in relazione al benessere degli insegnanti è la soddisfazione lavorativa: è la percezione di gratificazione e pienezza di senso in relazione alla propria esperienza lavorativa. Secondo Skaalvik e Skaalvik (2009), la soddisfazione degli insegnanti di scuola secondaria è tipicamente influenzata da tre elementi: il modo in cui è organizzato il lavoro (condizioni lavorative, autonomia organizzativa); alcune dimensioni cognitive (ad esempio, l’autoefficacia); alcune dimensioni affettive (emozioni, stress). Le associazioni con il benessere generale sono evidenti: essere soddisfatti del proprio lavoro riduce il rischio di cambiare mestiere, aumenta le emozioni positive nei confronti di docenti e studenti, e il senso di padronanza delle mansioni lavorative (Brunetti, 2006; Pisanti et al., 2003; Sann, 2003; Veldman et al., 2016). Un altro costrutto di particolare rilevanza per il benessere lavorativo è il grado di engagement, cioè il livello di coinvolgimento fisico, cognitivo ed emotivo nel lavoro (Schaufeli & Bakker, 2004). Un costrutto simile, nato nel solco della psicologia positiva, è il flow (Csikszentmihalyi & Csikszentmihalyi, 1992), ovvero la sensazione di totale assorbimento esperita dall’individuo quando intraprende un’attività per lui stimolante e gratificante. Il senso di coinvolgimento/assorbimento ha importanti ricadute dal punto di vista personale e relazionale: insegnanti di scuola secondaria con alti livelli di engagement, infatti, riconoscono i colleghi e il dirigente come fonti di empatia e supporto, e docenti con alti livelli di flow si sentono più efficaci nel loro lavoro e più in grado di controllare e gestire le sfide quotidiane a scuola, rispetto a colleghi meno coinvolti (Eldor & Shoshani, 2016; Rodríguez-Sánchez et al., 2011). Il terzo costrutto relativo al benessere professionale è di natura più organizzativa, e riguarda l’autoefficacia collettiva. La dimensione collettiva dell’autoefficacia misura le capacità che ogni lavoratore attribuisce alla propria organizzazione nel gestire mansioni quotidiane, rapporti con l’esterno e situazioni difficili (Bandura, 1977). Nel caso degli insegnanti, essa riguarda l’abilità della scuola di organizzarsi e agire a favore della crescita e dell’educazione degli studenti (Hoy et al., 2006). L'efficacia collettiva è influenzata dalle esperienze provate a scuola: ad esempio, aver perseguito un obiettivo con successo, aver portato a termine un progetto, aver ricevuto supporto dai colleghi o dalla dirigenza (Goddard & Goddard, 2001). Non solo, è legata al modo con cui gli eventi sociali e politici cambiano la percezione della scuola e degli insegnanti, o la loro organizzazione: tipicamente, l’efficacia collettiva degli insegnanti si riduce quando l’istituto di cui fanno parte sembra non riuscire a gestire cambiamenti nelle politiche educative in seguito alle riforme (Moè et al., 2010). Al contrario, quando sentono di far parte di un’istituzione che ‘funziona’, il benessere soggettivo dei docenti cresce, così come la resilienza rispetto ad eventi negativi, la motivazione professionale e la performance lavorativa (e.g., Caprara et al., 2003; Woolfolk-Hoy & Davis, 2005).

Infine, la terza dimensione riguarda i fattori relazionali del benessere a scuola, e comprende la qualità delle relazioni con l’amministrazione, i colleghi e gli studenti, e il vissuto emotivo associato (e.g., Gergen, 2009). Questa dimensione risponde più direttamente alla necessità di approfondire le implicazioni emotive dell’insegnamento nella scuola secondaria. Secondo Hargreaves (1998), infatti, insegnare genera emozioni. Una delle grandi sfide dell’insegnamento è quindi, a prescindere dal livello scolastico, gestire le emozioni, per metterle a servizio della pratica lavorativa (e.g., Chang, 2013). Nelle scuole secondarie, questa abilità assume una particolare rilevanza: le richieste emotive tipiche dello studente adolescente, infatti, possono originare nell'insegnante problemi di gestione delle proprie emozioni e reazioni, generando una sorta di “altalena affettiva”, che interferisce sulla pianificazione e la gestione delle normali attività didattiche della classe (Sutton & Wheatley, 2003). Le esigue ricerche a disposizione in quest’ambito mostrano che docenti in grado di regolare le proprie emozioni riescono anche a intrattenere relazioni migliori con studenti, colleghi e dirigenza, mostrandosi più supportivi ed empatici (Brackett et al., 2010; Chan, 2004) e riportano alti livelli di benessere personale (Buonomo et al., 2017; Yin et al., 2016).Di fatto, una buona regolazione emotiva consente ai docenti di gestire meglio non solo le relazioni a scuola, ma anche gli imprevisti e gli eventi stressanti che si verificano quotidianamente (Sutton, 2004). Infatti, la capacità dell’insegnante di avvertire, interpretare e regolare le proprie emozioni ne influenza gli stili cognitivi e attribuzionali, ad esempio modificando le rappresentazioni causali degli eventi in classe, la capacità di giudizio e di gestione della classe (e.g., Brackett et al., 2010; Di Fabio & Palazzeschi, 2008). In altre parole, mostrare una buona regolazione emotiva e gestire in modo ottimale le relazioni a scuola aumenta la probabilità di superare con successo i compiti educativi e organizzativi richiesti ai docenti (Brackett, et al., 2010; Fredrickson, 2001). Le emozioni provate ed espresse a scuola, infatti, sono associate all’autoefficacia personale (Burić & Macuka, 2017) e collettiva (Klassen et al., 2010) e alla soddisfazione lavorativa (Brackett et al., 2010).

Alcune delle dimensioni citate assumono una particolare rilevanza per il benessere percepito dai docenti italiani in quest’ordine di scuola. In particolare, le dimensioni organizzative della vita a scuola sembrano essere, ad oggi, particolarmente critiche: in un lavoro del 2009, Bracci sottolinea come la crescente autonomia delle scuole italiane rispetto alle autorità ministeriali e regionali stia creando dinamiche confuse rispetto alla rendicontazione e all’organizzazione delle attività scolastiche. Questo elemento si è reso particolarmente evidente con l’ultima riforma educativa (L. 107/2015), che ha aumentato il livello di autonomia del dirigente scolastico rispetto ai processi valutativi interni alla scuola, e generato profondi cambiamenti rispetto all’organizzazione delle attività scolastiche (si pensi, ad esempio, all’alternanza scuola-lavoro) e del corpo docente (come nel caso dei docenti di potenziamento), con conseguenze per i docenti in termini non solo organizzativi, ma anche di acquisizione di competenze e di gestione del lavoro in classe (e.g., Torre, 2016). A questo proposito, in uno studio recente insegnanti di scuola secondaria di II grado veicolano una rappresentazione del proprio lavoro come prevalentemente solitario e individuale, riportando una condizione di sofferenza rispetto alla dimensione relazionale (soprattutto in relazione ai colleghi) e organizzativa (burocrazia, amministrazione, rendicontazione) (Buonomo & Fatigante, 2017).

 

Conclusioni

 

Molte delle ricerche descritte in questo lavoro hanno coinvolto anche insegnanti di scuola secondaria, e molti dei risultati considerati possono, con le opportune considerazioni, essere approfonditi e ri-contestualizzati nel delicato mondo dell’educazione degli adolescenti a scuola. Malgrado ciò, rimane ancora molto da fare: in primo luogo, è necessario continuare a studiare gli aspetti del benessere propriamente detto a scuola, valorizzandone la dimensione eminentemente positiva; in secondo luogo, sembra interessante approfondire la dimensione collettiva e organizzativa del benessere; in terzo luogo, rimane da approfondire la dimensione emotiva del processo di insegnamento/apprendimento nella scuola secondaria: infatti, non solo gli studi a disposizione nella letteratura internazionale sono pochi, ma spesso considerano il vissuto emotivo degli insegnanti di scuola primaria e secondaria senza le opportune distinzioni dovute alle fasi di sviluppo e alle richieste emotive/relazionali mosse dagli studenti nei diversi livelli scolastici. La ricerca sul benessere degli insegnanti di scuola secondaria di II grado e le relative implicazioni per il profitto e l’adattamento degli studenti è quindi ancora aperta.

  

Glossario

 
Autoefficacia: insieme delle credenze relative alle proprie capacità di portare a termine un compito, una richiesta o un lavoro, attivando la motivazione e le risorse necessarie.
Burn-out: condizione di esaurimento emotivo dovuta a difficoltà di adattamento a situazioni lavorative stressanti, in cui la dimensione della cura dell’altro è centrale nel portare a termine la propria mansione lavorativa.
Coping: insieme degli sforzi mentali e comportamentali che un individuo compie allo scopo di affrontare e gestire eventi stressanti, reali o percepiti come tali.
TALIS (Teaching and Learning International Survey, Sondaggio Internazionale sull’Insegnamento e l’Apprendimento): è uno studio internazionale svolto ogni 5 anni dall’Organizzazione per lo Sviluppo e la Cooperazione Economica (OCSE) a proposito delle condizioni di lavoro e degli ambienti di apprendimento in cui operano gli insegnanti.

 

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