Traduzione in italiano di Eliana Vassena
Possiamo ancora fare affidamento sulla ricerca psicologica? InMind ha intervistato Daniel Lakens e Klaus Fiedler, due tra le più prominenti voci nel dibattito su come la qualità della ricerca psicologica può essere migliorata. In questa intervista, offrono la loro visione su come la ricerca psicologica è cambiata negli ultimi anni e come dovrebbe cambiare in futuro. Gli esperti raccontano le loro motivazioni personali e come il dibattito ha influenzato il loro lavoro.
La diffidenza nei confronti della scienza è in continuo aumento. Che si tratti di cambiamenti climatici o di creazionismo, personaggi politici come Donald Trump o Recep Erdogan preferiscono difendere credenze e opinioni infondate a scapito dei dati scientifici. La crescente sfiducia nella scienza deriva in parte dal bollare dati scientifici indesiderati come “di parte”. Inoltre, dubbi crescenti vengono dalla scienza stessa: spesso, alcuni risultati descritti in maniera sensazionalista potrebbero essere troppo belli per essere veri. La continua pressione a pubblicare nuove scoperte , poi, può degenerare in risultati alterati. Alcuni anni fa, questi dubbi sono stati corroborati dalle rivelazioni scioccanti di frodi, con dati inventati, e con difficoltà a riprodurre precedenti scoperte. La domanda che sorge legittima è la seguente: la ricerca psicologica è in crisi? Oppure l’impossibilità di replicare precedenti scoperte è un elemento di sana auto-verifica scientifica? Come può la ricerca psicologica migliorare?
Durante il convegno “Cologne Social Cognition Meeting (CSCM)” tenutosi lo scorso anno a Colonia, Jan Crusius e Oliver Genschow della rivista In-Mind hanno avuto l’opportunità di intervistare due delle voci più prominenti nel dibattito su come migliorare metodi e qualità della ricerca psicologia. Daniel Lakens, dell’Università di Eindhoven (Olanda) sottolinea il bisogno di migliorare la metodologia, la trasparenza e il rigore scientifico. Klaus Fiedler, dell’Università di Heidelberg (Germania) sostiene che teorie migliori aiuteranno il campo della ricerca a fare passi avanti.
In-Mind: Possiamo ancora fidarci della ricerca psicologica?
Fiedler: certamente. Ci sono cosi tante domande vicine ai problemi di tutti a cui soltanto degli scienziati come gli psicologi possono trovare una risposta. Potrei fare molti esempi. Eccone uno:
Come possono gli studenti imparare in maniera più efficace a scuola? La ricerca psicologia studia tempi e metodi ottimali per l’apprendimento. Questi studi ci hanno insegnato che gli studenti imparano meglio quando il contenuto è distribuito lungo un periodo di tempo, e quando periodi di consolidamento vengono inclusi, come ad esempio delle pause. Quindi, se una lezione viene proposta in una sola volta, l’apprendimento è molto meno efficiente rispetto alla stessa lezione riproposta in 15 parti più brevi in un periodo di 3 mesi.
Naturalmente ci sono molte altre domande a cui solo gli scienziati possono trovare una risposta – a differenza di quanto dica Donald Trump.
Lakens: Inoltre è molto importante come i fatti scientifici e il sapere psicologico vengono trasmessi alla gente comune. Molto spesso la gente viene a contatto con i nostri risultati e le nostre scoperte tramite i media. Tuttavia, avviene un grosso filtraggio di ciò che effettivamente viene trasmesso al pubblico generalista. Molto spesso, scoperte scientifiche vengono presentate come “fun facts” (curiosità). Tuttavia, gli psicologi studiano questioni basilari e fondamentali che possono avere un impatto molto forte sulla società. Un argomento molto rilevante per esempio è la salvaguardia dell’ambiente. In quanto esseri umani, spesso consideriamo i risultati a breve termine, ed ignoriamo gli obiettivi a lungo termine, come proteggere l’ambiente. Gli psicologi studiano come si può modificare la prospettiva, spostandola dal breve termine agli interessi a lungo termine, e come ciò possa aiutare a trovare soluzioni per far si che la gente si preoccupi maggiormente della salvaguardia dell’ambiente a lungo termine.
In-Mind: Dalle vostre risposte si potrebbe dedurre che la ricerca psicologica funziona correttamente, e che i media propongo un’immagine scorretta. Quindi non c’è bisogno di migliorare?
Lakens: Certamente c’è bisogno di migliorare. Sarebbe sciocco pensare che ora stiamo facendo la scienza migliore possibile, e che nel 2100 la gente guarderà indietro e dirà “ah, non abbiamo potuto fare di meglio. Nel 2017, tutto era perfetto”. Non è cosi. Quindi, in questo senso, può esserci un miglioramento? Certo! Ci sarà un miglioramento? Naturalmente.
Fiedler: E’ molto importante che non ci si fermi mettendo l’ultima parola su una questione. Un ottimo esempio di progresso psicologico è il dibattito in psicologia forense su come fare un confronto all’americana. Conosciamo questo procedimento dai film dove un testimone oculare deve identificare un assassino in un gruppo di 6 possibili colpevoli. In termini psicologici, si tratta di un multiple-choice recognition test (test di riconoscimento a scelta multipla). Negli ultimi 40 anni, abbiamo imparato molto su come migliorare questo tipo di test. Prima di tutto, gli scienziati hanno scoperto che i testimoni oculari molto spesso fanno scelte di identificazione sbagliate. A causa di questi errori, molti innocenti sono finiti in prigione. Come rimedio, metodi più rigorosi e meno soggetti ad errori sono stati sviluppati per l’identificazione. Per esempio, il numero di persone nel gruppo di confronto è stato aumentato. Al giorno d’oggi, testimoni oculari devono identificare possibili colpevoli in maniera sequenziale, anziché simultanea. Alcuni anni dopo, gli scienziati hanno scoperto che chiedere ai testimoni quanto siano certi della correttezza dell’identificazione migliora la qualità della procedura.
Nel corso degli anni, le raccomandazione su come fare un confronto all’americana sono cambiate molte volte. Il risultato di una singola di ricerca non ha mai posto l’ultima parola. Non dubito che in 20, 30, 40 anni ci saranno nuovi risultati che miglioreranno questa procedura ancor di più. E’ cosi che funziona. E un aggiornamento continuo dello stato dell’arte. E’ la natura della ricerca scientifica.
In-Mind: Quindi la psicologia non è per niente in crisi..
Fiedler: Non mi piace la parola “crisi” quado si riferisce alla mia squadra di calcio preferita, cosi come non mi piace la parola “crisi” nella ricerca scientifica. Ovviamente, gli scienziati commettono degli errori, come per esempio nella maniera in cui analizzano i dati, oppure come interpretano i risultati. Comunque, mi sento di dire che altre discipline, come il campo delle scienze dei comportamenti economici, delle scienze mediche, e della biologia cellulare, giusto per dare qualche esempio, possono essere ugualmente rapide nel formulare interpretazioni premature e informare l’opinione pubblica prematuramente. Non credo che gli psicologi siano eccessivamente sicuri di se, rispetto ad altre discipline. Questo fatto, sicuramente, non deve impedire agli psicologi di sviluppare nuovi metodi e procedure per migliorare il loro metodo scientifico.
Lakens: Alcuni studiosi di storia dicono che la ricerca scientifica è in crisi continua. Io penso che sia vero. Ora riconosciamo che alcune cose erano sbagliate. Oltre il metodo scientifico che usiamo, ora mettiamo in discussione anche gli aspetti sociali della ricerca scientifica. Per esempio, se il sistema di ricompense per gli scienziati, come ad esempio i forti incentivi a pubblicare risultati nuovi e sensazionali, può avere effetti deleteri. Siamo psicologi, e quindi proprio adatti a studiare queste influenze di tipo sociale. E’ qualcosa che conosciamo, e per questo ci stiamo veramente muovendo, impegnando e lavorando per migliorare il nostro campo.
Da sinistra a destra: Daniel Lakens, Klaus Fiedler (Foto di Alex Koch)
In-Mind: Siete entrambi due voci molto presenti nel dibattito su come il vostro campo può procedere ed essere migliorato. Qual è la vostra motivazione personale per contribuire a questo dibattito?
Lakens: Per me, ci sono stati due incidenti importanti. Per prima cosa, qualcuno ha contattato il mio team di ricerca mettendo in dubbio i nostri risultati. All’inizino non avevamo capito le critiche molto chiaramente. Alla fine, qualcuno ci ha scritto “i vostri risultati sono troppo belli per essere veri, e ci sono delle spiegazioni possibili per questo. Potrebbe essere frode, potrebbe essere che abbiate modificato i vostri dati, analizzato in maniera scorretta, fatto un errore, o che non abbiate riportato tutti gli studi che avete condotto”. Ci siamo agitati visto i complessi aspetti statistici che la persona menzionava, e abbiamo iniziato a dubitare dei nostri risultati. Ci siamo resi conto che effettivamente avevamo scelto i nostri studi in maniera selettiva, e che avevamo riportato soltanto quelli che supportavano la nostra idea, ignorando quelli che erano andati male per vari motivi. Poco dopo, abbiamo pubblicato i dati aggiuntivi su una piattaforma online, per correggere il precedente errore. Successivamente, ho iniziato a collaborare al Reproducibility Project, pianificando uno studio con lo scopo di replicare risultati precedenti. Mi sono reso conto che riguardo a molte questioni importanti, come calcolare il numero corretto di partecipanti necessario per uno studio, non avevo idea di come fare.
Com’era possibile, che pur essendo un dottorando io non sapessi come pianificare un esperimento correttamente? Non mi era stato insegnato come svolgere esperimenti scientifici che rispettassero gli standard della “good science”, ovvero buone pratiche scientifiche. Questa è la seconda ragione per cui sono cosi interessato a questo dibattito, e motivato a migliorare la qualità delle mie pratiche scientifiche, e di quelle altrui.
Fiedler: Io sono interessato a questo dibattito perché credo che il modo in cui si è sviluppato negli ultimi dieci anni è stato contro-producente. Ha danneggiato la reputazione della psicologia presso l’opinione pubblica e ha fatto vacillare la fiducia in se’ stessi di giovani scienziati e studenti. Inoltre, lo stile del dibattito ha provocato il mio lato “contrario”. Se qualcuno mi dice che c’è una crisi, io voglio dimostrare che non c’è crisi. Voglio oppormi e argomentare. Voglio considerare la visione opposta. Prima dell’inizio del dibattito, non ero molto motivato a guardare ai lati positivi. Ma da allora, ho cambiato la mia opinione, assumendo la prospettiva di un avvocato difensore. Sono convinto che è più istruttivo osservare la ricerca scientifica “di buona qualità”, anziché lamentarsi della ricerca scientifica di dubbia qualità.
In-Mind: Quale pensa che siano attualmente le più grandi sfide nel campo della ricerca scientifica psicologia?
Fiedler: Credo che se vogliamo veramente affrontare i nostri problemi, risolverli e migliorare la situazione dei problemi statistici a cui Daniel si riferisce, abbiamo bisogno di intraprendere strade diverse. La mia intuizione è che dobbiamo prendere esempio dalle migliori ricerche del nostro campo, di cui possiamo andare fieri. Di conseguenza, gli scienziati possono fare del loro meglio per emulare questo tipo di ricerche, creando un effetto valanga positivo.
Forse dovremmo realizzare un “Hall of Fame” per celebrare i progetti veramente eccellenti. Questo metodo soddisferebbe tutti i criteri che Daniel ritiene importanti, e motiverebbe altri ricercatori , e lascerebbe alle nostre spalle quella scia negativa di ricerca di cattiva qualità.
Lakens: Su questa parte potrei non essere d’accordo. Credo che il publication bias (bias di pubblicazione) e che i risultati inaffidabili nella letteratura scientifica sono davvero problematici. Il bias di pubblicazione descrive il fatto che solo risultati “positivi” vengono riportati, ma che la comunità scientifica non impara dagli studi fallimentari, che hanno prodotto risultati negativi. Spesso si leggono notizie sul fatto che se mangi cioccolato o bevi vino hai più probabilità di ammalarti di cancro. Due settimane dopo leggi nello stesso giornale che se bevi vino hai meno probabilità di ammalarti di cancro. Questo succede precisamente a causa del bias di pubblicazione. C’è una distribuzione di fatti, ed agli estremi si possono trovare risultati significativi. Però, se si guardasse ai dati di tutti gli studi e di tutti i ricercatori insieme, in realtà potrebbe non esserci alcun effetto significativo. In quanto scienziati, dobbiamo essere consapevoli di questo problema, e di come comunicare i nostri risultati al grande pubblico.
In-Mind: Cosa si potrebbe fare per risolvere questi problemi?
Lakens: Secondo me, almeno due punti sono importanti. I nuovi studenti che entrano in questo campo non sanno da dove partire. Se solo i risultati estremi vengono pubblicati, è impossibile valutare la probabilità che i risultati ottenuti possano essere replicati se la stessa ricerca viene ripetuta. Quindi se i nuovi studenti ottengono risultati diversi dai precedenti, è difficile condividere l’informazione con altri ricercatori, sempre a causa dello stesso “bias di pubblicazione”. Secondo me, questa è una questione importante. Il secondo aspetto importante è la formazione.
E’ necessario migliorare la formazione su come seguire pratiche scientifiche ottimali. Purtroppo in passato non abbiamo fatto un buon lavoro in questo senso. Non è necessario che tutti diventiamo degli esperti di statistica. Però imparare le basi è fondamentale.
Fiedler: Non ho molto da controbattere su questo punto. Mi piace l’obiettivo di risolvere il problema del bias di pubblicazione. Ed è vero, i giovani ricercatori devono potersi basare su studi precedenti. Ma hanno anche bisogno di supervisori che li guidino nella giusta direzione. Perciò sono anche d’accordo sul fatto che dobbiamo migliorare la nostra formazione. In ogni caso, se si tratta di migliorare la qualità della ricerca psicologica, non sono convinto che abbiamo bisogno di metodi statistici migliori. La statistica non può migliorare un progetto sperimentale. Se un esperimento non è ben sviluppato, se il materiale, i test e le misure selezionati sono scorretti o imprecisi, la statistica in se’ non può risolvere nulla (non può compensare per questi problemi).
In-Mind: A questo proposito, quanto è importante avere buone teorie?
Fiedler: Avere buone teorie è ancora più importante di un buon progetto sperimentale, è la cosa più importante in assoluto. Se la teoria che vuoi testare è debole o ingiustificata, i migliori progetti sperimentali e metodi statistici non possono cambiare il fatto che le tue ipotesi non possono dare una risposta alle domande che poni. Ciò che è veramente importante è un saldo ragionamento teorico. I ricercatori dovrebbero sempre essere al corrente di quali binari teorici guidano le ipotesi che vogliono testare, e quando testano un’ipotesi, dovrebbero considerare anche l’eventualità opposta. E’ importante mettersi alla prova e dubitare. Un’impostazione critica nel ragionamento teorico è più importante delle conoscenze tecniche.
Klaus Fiedler spiega l’importanza di avere buone teorie (Foto di Alex Koch)
Lakens: Sono completamente d’accordo. Ma penso anche che il metodo statistico è la cosa più facile da insegnare (si veda il corso di statistica online di Daniel Lakens). La statistica non è poi cosi difficile, e puoi insegnarla anche a grandi gruppi. Quindi sono d’accordo che il ragionamento teorico è fondamentale, ma è importante non ignorare la metodologia statistica. Se commetti degli errori, puoi illuderti, e questo può avere un impatto negativo sullo sviluppo della teoria. Cioè, se costruiamo una teoria su risultati basati su statistiche scorrette, non possiamo derivarne ipotesi precise e valide.
Fiedler: George Kelly (1955) scrisse in merito al ciclo creativo, un punto di vista che può essere applicato al nostro dibattito, ma anche alla teoria dell’evoluzione, alla terapia, e molti altri argomenti. Kelly propone l’idea dell’alternanza tra fasi di apertura e fasi di chiusura. Durante le fasi di apertura, devi essere creativo e sviluppare nuove idee. Per poterlo fare devi essere coraggioso. Poi viene la fase di chiusura, dove con rigore devi testare le diverse ipotesi l’una contro l’altra con solidi metodi statistici. Noi dobbiamo accettare entrambe le fasi. Passare dall’una all’altra fase fa parte dell’arte di essere un buon scienziato.
Lakens: Io insegno questa teoria sulle fasi di apertura e chiusura a tutti i miei studenti. Credo che sia una buona rappresentazione di come funziona il progresso scientifico. Nelle mie lezioni parlo anche dell’articolo di Klaus (Fiedler, 2004), in cui fa riferimento al ciclo creativo del progresso scientifico.
In-Mind: Quale impatto ha avuto il dibattito sul vostro lavoro scientifico?
Lakens: Quello che ho imparato è che la ricerca scientifica in sé non è un sistema fisso e immutabile. Può cambiare. Per me questo è molto positivo, perché riflettendo su questo principio è possibile migliorare il proprio modo di fare ricerca scientifica. Il principio di un sistema mutevole obbliga a chiedersi costantemente: “cosa sto facendo? Lo sto facendo nel modo migliore possibile?”. Ad esempio, le nuove tecnologie hanno reso possibile un aumento nella trasparenza di ciò che facciamo. Quando ho finito lo scuola superiore, ho creato il mio primo indirizzo mail, e ora abbiamo addirittura la tecnologia che mi permette molto facilmente di condividere i miei metodi di ricerca ed i miei dati con altri ricercatori. Mi piace molto, ed ho aggiunto questa procedura nella mia routine lavorativa giornaliera.
Fiedler: Nel corso del dibattito sulla riproducibilità della ricerca, la condivisione dei dati e della conoscenza disponibile è diventata un’ovvia necessità. Inoltre, è diventata molto semplice ed economica da mettere in pratica. Mi piace il fatto che non sia più come ai vecchi tempi, quando condividere i dati raccolti con altri laboratori era inusuale. Lo trovo cosi ovvio, evidente. Inoltre, il dibattito mi ha anche aguzzato la vista sui problemi statistici e metodologici. Devo dire che già in precedenza seguivo la maggior parte delle linee guida, ma non avevo la consapevolezza e la chiarezza con cui li vedo ora.
In-Mind: Cosa vi rende ottimisti sul fatto che il campo della ricerca psicologica si stia muovendo nella giusta direzione?
Lakens: Klaus Fiedler ha parlato di studenti molto preoccupati e delusi. Recentemente ho insegnato a Zurigo, e notato la stessa cosa. Uno degli studenti era molto negativo riguardo allo stato attuale della ricerca psicologica, e mi ha detto: “Che cosa sappiamo della psicologia? Praticamente nulla di ciò che è scritto nei libri di testo è statisticamente valido!”. A quel punto ho chiesto a ognuno dei 15 studenti presenti di nominare una teoria o risultato molto robusto e valido. E’ stato sorprendente vedere quanti buoni risultati e teorie riuscissero a menzionare. Quindi penso che ora sia un buon momento per mettere da parte la visione negativa. Ne ho abbastanza, devo dire la verità. Penso che ci siamo. Siamo pronti al cambiamento. E infatti, secondo me abbiamo già fatto molti passi avanti. A questo proposito sono felice che il dibattito abbia avvicinato tra loro molto ricercatori, portando a nuove collaborazioni tra diverse nazioni e discipline.
Fiedler: Le collaborazioni sicuramente miglioreranno il nostro campo. Cosi come la condivisione dei dati. Condividere anche le ipotesi e pre-registrare ciò che si ipotizza di trovare (prima di iniziare uno studio sperimentale) aiuterà sicuramente a migliorare la qualità della ricerca. Forse non mi crederete, ma anche io contribuisco a questa tendenza. Anche se in modo differente (dice ridendo). A un mio collega piacciono i tornei. Quindi ci è venuta l’idea di organizzare un torneo per scienziati.
Ecco l’idea: se ci sono diverse spiegazioni per un dato fenomeno, indiciamo una competizione tra diversi modelli scientifici e ricercatori. Il modello che meglio spiega e predice il fenomeno vince il torneo. Questo approccio potrebbe aiutare a superare certi comportanti irrazionali e scorretti. In questo modo, le collaborazioni avrebbero il valore aggiunto di essere più’ informative, perché’ potrebbero aiutare a scoprire risultati che da soli non si sarebbero ottenuti. In più’ sarebbe divertente e fonte d’ispirazione.
Daniel Lakens spiega i vantaggi di portare avanti collaborazioni (Foto di Alex Koch)
In-Mind: Considerando queste sfide, come può la psicologia con i suoi risultati raggiungere un pubblico più’ ampio?
Lakens: Spesso i non addetti ai lavori non hanno un’idea molto chiara di come funzionino la scienza e il processo scientifico. Perciò penso che gli studenti dovrebbero studiare come funziona la ricerca scientifica già durante le scuole superiori. I professori dovrebbero spiegare la scienza a scuola, in modo tale che la gente abbia gli strumenti per comprendere per esempio le notizie nei media. Inoltre, in quanto scienziati dobbiamo imparare a spiegare i nostri risultati e le relative limitazioni chiaramente, con linguaggio semplice e senza gli specifici dettagli scientifici, cosicché le persone possano capire più facilmente.
Fiedler: Se si vuole pubblicare qualcosa per un pubblico di non addetti ai lavori, è importante adottare un atteggiamento di trasparenza. E’ molto importante trasmettere sicurezza, autenticità e fiducia al proprio pubblico. Non si può sistemare qualcosa che non è autentico. E’ anche importante mostrare questo atteggiamento quando si parla coi giornalisti. Questo aiuta a trasmettere il fatto che si può avere fiducia nella ricerca psicologica, e che le informazioni che forniamo al pubblico generalista sono credibili. Quello che voi fate con la rivista In-Mind è esattamente ciò che intendo. Lo scopo di In-Mind è di fare da interfaccia tra quello che gli scienziati fanno e quello che il pubblico può comprendere. Questo è fondamentale. Abbiamo trascurato questo aspetto per troppo tempo, nonostante sia il vero obiettivo. Quindi la rivista In-Mind è veramente un miglioramento sotto questo punto di vista.
In-Mind: Grazie mille per il vostro tempo e per questa intervista.
Bibliografia
Kelly, G. A. (1955). The psychology of personal constructs. Vol. 1. A theory of personality. Oxford, England: W. W. Norton.
Fiedler, K. (2004). Tools, toys, truisms, and theories: Some thoughts on the creative cycle of theory formation. Personality and Social Psychology Review, 8, 123-131.