“Ho 15 anni e penso che le ragazze della mia età siano esposte a molte più pressioni rispetto ai ragazzi. So di essere una persona intelligente, gentile e divertente, e so che tutti attorno a me continuano a dire che posso diventare quello che voglio nella vita. So tutto questo, ma non penso sia così. Penso che se non riuscirò ad apparire in un certo modo, se i maschi non mi percepiranno sexy e hot, allora sarò una fallita e non ha più importanza se diventerò un medico o una scrittrice, sarò ‘niente’. (…) Vorrei che le persone pensassero alle pressioni che ci stanno mettendo addosso e non solo a noi adolescenti, ma anche ai più anziani. Guardo mia mamma farsi a pezzi ogni giorno perché il suo seno è cadente e la sua pelle rugosa, lei pensa di essere orribile anche se è fantastica. Poi però, penso che non posso criticarla perché anche io faccio questo a me stessa (…).” (Bates, Everyday Sexism, 2016, p. 96).
Questo episodio, riportato all’interno di Everyday Sexism, un progetto nato in rete nel 2012 per dare voce alle persone vittime di sessismo (si rimanda al glossario) nella vita quotidiana, ci aiuta a introdurre i concetti di oggettivazione e auto-oggettivazione sessuale. I pensieri riportati in questa testimonianza sono comuni e riguardano donne (ma non solo) di diversa provenienza ed età. La ragazza sa di avere molte qualità, ma associa buona parte del suo successo futuro alla sua capacità di apparire attraente agli occhi degli altri, dei maschi in particolare. Questo è oggettivazione sessuale, essere prima di tutto un corpo da osservare e valutare, e quello che la ragazza ci descrive, è l’esperienza dell’auto-oggettivazione, l’interiorizzazione della prospettiva oggettivante.
L’adolescente parla di pressioni che le persone esercitano e che portano le donne a essere costantemente preoccupate per la propria apparenza. In questo articolo cercheremo di capire chi possono essere queste persone e come l’oggettivazione sessuale e i processi a questa associati vengono alimentati.
Inizieremo con introdurre l’oggettivazione sessuale come una particolare forma di oggettivazione, in cui una persona viene ridotta al suo corpo e alle sue funzioni sessuali (Bartky, 1990). Distingueremo successivamente il processo dell’auto-oggettivazione sessuale, l’internalizzazione dell’oggettivazione sessuale per cui la persona adotta la prospettiva oggettivante come metro di misura del proprio valore (Fredrickson & Roberts, 1997). Infine, affronteremo la natura interpersonale dell’oggettivazione e dell’auto-oggettivazione sessuale, esaminando in particolare le relazioni di coppia e il contesto familiare come possibili spazi in cui il circolo dell’oggettivazione sessuale viene alimentato.
Oggettivazione e Oggettivazione Sessuale
L’oggettivazione sessuale è una forma specifica di oggettivazione che porta a percepire una persona in maniera sessuale e sessualizzante (Pacilli, 2014). Quando oggettiviamo l’altro, non riteniamo necessario riconoscergli autonomia, soggettività, integrità. Lo trattiamo come una proprietà che può essere regalata, acquistata, venduta, come un oggetto interscambiabile con altri oggetti della stessa categoria, e inerte, quindi incapace di agire spontaneamente. Lo riduciamo, infine, a mero strumento da usare per soddisfare i nostri bisogni (Nussbaum, 1995).
Gli studi psicosociali si sono focalizzati principalmente sull’oggettivazione sessuale, una forma di deumanizzazione (si rimanda al glossario) in cui una persona viene ridotta a strumento sessuale da osservare ed utilizzare (Volpato, 2012). Esistono tuttavia altre forme di oggettivazione che riguardano, ad esempio, il mondo del lavoro (Andrighetto, Baldissarri, & Volpato, 2017) e le relazioni di potere (Gruenfeld, Inesi, Magee, & Galinski, 2008). Per queste particolari forme di deumanizzazione si parla oggettivazione sociale (Calogero, Tantleff-Dunn, Thompson, 2011): l'oggettivazione viene studiata come risposta al potere sociale per cui la riduzione di una persona a strumento è finalizzata al raggiungimento di benefici e obiettivi personali (Gruenfeld et al., 2008). I contenuti di questo contributo faranno invece riferimento all’oggettivazione sessuale, che riguarda la riduzione della persona al corpo e alle sue funzioni sessuali, e alla più recente ricerca che ha preso in esame la natura interpersonale di questo processo.
Oggettivazione e Auto-oggettivazione Sessuale
Quando oggettiviamo sessualmente qualcuno, le sue funzioni sessuali e il suo corpo diventano il metro per definirne il valore (Bartky, 1990) a discapito di altri aspetti della sua umanità (Bernard & Wollast, 2019; Cikara, Eberhardt, & Fiske, 2011; Gray, Knobe, Sheskin, Bloom, & Barrett, 2011; Loughnan et al., 2010; Vaes, Paladino, & Puvia, 2011).
L’oggettivazione sessuale porta a percepire – e a volte trattare – la persona alla stregua di un oggetto sessuale da valutare e usare a piacimento, e questo va ben oltre il senso metaforico. Percepire una persona alla pari di un oggetto, infatti, costituisce un vero e proprio errore percettivo (Bernard, Cogoni, & Carnaghi, 2020; Bernard, Content, Deltenre, & Colin, 2018; Bernard, Gervais, Allen, Campomizzi, & Klein, 2012; Bernard, Gervais, Allen, Delmée, & Klein, 2015; Civile & Obvi, 2016): stiamo inserendo uno stimolo (la persona) dentro la specifica categoria cognitiva (si rimanda al glossario) degli oggetti. Le donne oggettivate sessualmente sono non solo elaborate ma anche percepite come più simili a oggetti (Vaes, Cristoforetti, Ruzzante, Cogoni, & Mazza, 2019) e nei loro confronti, ad esempio, l’empatia provata è la stessa di quella che si prova, normalmente, per un manichino (Cogoni, Carnaghi, & Silani, 2015).
Questo ci aiuta a comprendere perché gli uomini che oggettivano sessualmente le donne, mostrano anche atteggiamenti più favorevoli nei confronti della violenza e della molestia sessuale (Loughnan, Pina, Vasquez, & Puvia, 2013; Pacilli, Pagliaro, Loughnan, Gramazio, Spaccatini, & Baldry 2017; Rudman & Mescher, 2012; Vasquez, Ball, Loughnan, & Pina, 2018): è più facile ferire o giustificare la violenza quando questa è diretta a un oggetto e non a un essere umano.
L’oggettivazione sessuale comporta, inoltre, delle conseguenze negative per vittima di tale processo. Con l’obiettivo di dare visibilità a queste conseguenze negative associate all’oggettivazione sessuale, a metà degli anni ’90, Fredrickson e Roberts (1997) introdussero nella ricerca psicologica la teoria dell’oggettivazione. Secondo questa teoria, il contesto sociale occidentale riduce il corpo femminile a oggetto da valutare e apprezzare, e lo fa attraverso uno sguardo oggettivante (si rimanda al glossario) che agisce negli spazi mediatici e negli incontri interpersonali. Inserite in questo clima culturale, le donne sono portate a interiorizzare lo sguardo esterno oggettivante e a utilizzarlo come metro di misura del proprio valore, un processo che prende il nome di auto-oggettivazione sessuale e che si concretizza in una preoccupazione costante per il proprio corpo seguita da un senso di vergogna nei confronti dello stesso (McKinley & Hyde, 1996). Dalla pubblicazione della teoria dell’oggettivazione, sono stati realizzati numerosi studi per identificare le conseguenze associate all’auto-oggettivazione sessuale, rilevando come queste non siano limitate al benessere psicologico e alla salute mentale della persona (per una rassegna si veda Calogero, Tantleff-Dunn, & Thompson, 2011), ma possano esercitare un impatto anche sociale, compromettendo, ad esempio, la percezione di possedere libero arbitrio (Baldissarri, Andrighetto, Valtorta, Sacino, & Volpato, 2019).
Sebbene la teoria dell’oggettivazione consideri gli uomini come principali perpetuatori dell’oggettivazione sessuale a danno delle donne e l’auto-oggettivazione un’esperienza essenzialmente femminile, oggi la ricerca empirica conferma che, in realtà, anche le donne oggettivano (Strelan & Hargreaves 2005) e anche gli uomini sperimentano l’auto-oggettivazione (Hebl, King, & Lin, 2004). Gli uomini, tuttavia, oggettivano in misura maggiore rispetto alle donne (Strelan & Hargreaves, 2005) e le donne più degli uomini sono sensibili e vulnerabili ai processi di oggettivazione (Davidson, Gervais, Gary, & Brian, 2013). Questa premessa è necessaria per comprendere perché la maggior parte degli studi sull’oggettivazione, ha mantenuto l’originaria prospettiva di genere considerando l’oggettivazione sessuale come un processo messo in atto dagli uomini a danno delle donne.
La Natura Interpersonale Dell’Oggettivazione Sessuale
La ricerca sugli effetti suscitati dall’esposizione a media oggettivanti – dove le figure femminili sono presentate iper-sessualizzate e il loro ruolo (marginale) è principalmente ridotto a quello di decorazione e oggetto sessuale – ha ricevuto particolare interesse fin dalla pubblicazione della teoria dell’oggettivazione (APA, 2007). Una meta-analisi di Grabe e collaboratori (Grabe, Ward, & Hyde, 2008), ad esempio, ha evidenziato come l’esposizione a media oggettivanti può comportare delle severe conseguenze per le donne, aumentando insoddisfazione, vergogna e monitoraggio del proprio corpo. Meno indagate empiricamente sono state, invece, le conseguenze dell’oggettivazione e dell’auto-oggettivazione sessuale nel contesto degli scambi interpersonali (Fairchild & Rudman 2008; Hill & Fischer 2008).
Calogero (2004), una delle maggiori ricercatrici attuali sull’oggettivazione sessuale, dimostrò come il solo anticipare alle partecipanti che avrebbero avuto un’interazione con un uomo (vs. una donna), portasse a un aumento dei livelli di auto-oggettivazione. Studi successivi hanno esteso i risultati ottenuti da questa ricerca utilizzando la tecnologia (ad esempio, una videocamera), per manipolare lo sguardo oggettivante. I risultati ottenuti da queste indagini confermano ed estendono la teoria dell’oggettivazione: lo sguardo oggettivante maschile compromette le interazioni sociali (Saguy, Quinn, Dovidio, & Pratto, 2010) e le performance cognitive delle donne oggettivate (Gay & Castano, 2010; Guizzo & Cadinu, 2017).
L’oggettivazione sessuale, tuttavia, è un’esperienza comune, che le persone incontrano quotidianamente nelle interazioni sociali (Fredrickson & Roberts, 1997; Roberts, Calogero, & Gervais, 2018). Per questo, ricerche successive si sono focalizzate sull’impatto che le concrete interazioni con gli altri hanno sulle persone (per una rassegna di questi studi, si consiglia Gervais, Sáez, Riemer, & Klein, 2020). In alcune ricerche, sono stati presi in considerazione gli effetti dell’oggettivazione sessuale messa in atto da altri sconosciuti (Garcia, Earnshaw, & Quinn, 2008). Gervais, Vescio e Allen (2011), ad esempio, hanno osservato che le partecipanti, quando interagivano con il complice dello sperimentatore che metteva in atto lo sguardo oggettivante, diminuivano la loro performance in un compito di matematica.
Lo sguardo oggettivante, tuttavia, può essere messo in atto anche da persone socialmente significative nella vita del soggetto. La teoria dell’oggettivazione, infatti, sottolinea come l’oggettivazione sessuale sia un’esperienza capace di verificarsi anche nei contesti non sessuali della vita quotidiana. Nulla esclude quindi che siano proprio le relazioni più intime e vicine ai soggetti ad alimentare il processo dell’oggettivazione sessuale.
L’Oggettivazione e l’Auto-oggettivazione Sessuale Nella Coppia
Di recente, l’interesse della ricerca sull’oggettivazione sessuale interpersonale ha preso in esame gli effetti dell’oggettivazione sessuale quando questa viene messa in atto da un partner romantico. Oggettivazione e auto-oggettivazione sessuale continuano a essere processi pericolosi anche quando avvengono all’interno della coppia? Questa è, essenzialmente, la domanda che ha portato gli psicologi sociali a testare la teoria dell’oggettivazione all’interno delle relazioni romantiche. Le relazioni sentimentali, secondo alcuni studiosi, potrebbero rappresentare un contesto in cui le persone vengono oggettivate ma non per questo deumanizzate, e costituire, quindi, una condizione privilegiata in cui le conseguenze negative dell’oggettivazione sessuale non si verificano (Nussbaum, 1995). Se questa prospettiva può sembrare sostenibile dal punto di vista teorico, i risultati delle ricerche condotte finora ci dicono il contrario (ad esempio, Sáez, Riemer, Brock, & Gervais, 2019; Strelan & Pagoudis, 2018; Zurbriggen, Ramsey, & Jaworski, 2011).
La percezione di essere oggettivate dal partner porta le donne a essere meno soddisfatte per la relazione (Ramsey, Marotta, & Hoyt, 2017). La percezione di oggettivazione sessuale perpetuata dal partner è anche associata a livelli più alti di auto-oggettivazione (Rasmey & Hoyt, Studio 2, 2015; Ramsey, et al., Studio 3, 2017) e a maggiore violenza all’interno della coppia (Rasmey & Hoyt, Studio 2, 2015). In un recente studio (Pecini, Andrighetto, Di Bernardo, Crapolicchio, Stathi, & Vezzali, in preparazione) è stata indagata la reale (vs. percepita) oggettivazione maschile della partner tramite la somministrazione di un questionario a entrambi i partner di coppie eterosessuali. Ai partecipanti maschi è stato chiesto di indicare il loro livello di oggettivazione della partner mentre alle partecipanti è stato chiesto di riportare i loro livelli di auto-oggettivazione e di benessere. Gli uomini hanno quindi indicato la loro tendenza a valutare la propria partner sulla base di caratteristiche osservabili (ad esempio, misure del corpo, peso, tonicità muscolare); le donne hanno invece riportato i loro livelli di auto-sorveglianza del corpo e vergogna per lo stesso, e di benessere. I risultati hanno mostrato che maggiore è la tendenza degli uomini a oggettivare sessualmente la compagna, maggiore è anche il livello di auto-oggettivazione e minore il benessere indicato dalle donne.
Quello che la ricerca ci mostra, quindi, è che anche quando perpetuata da una figura socialmente significativa per il soggetto, come il partner, l’oggettivazione sessuale è associata a numerose conseguenze negative per la vittima di oggettivazione.
Gli studi, inoltre, rivelano che gli effetti dell’oggettivazione sessuale compromettono non solo il benessere della vittima ma anche quello del perpetuatore di tale deumanizzazione, riducendo, ad esempio, la sua soddisfazione per la relazione (Mahar, Webster, & Markey, 2020; Sáez et al., 2019; Strelan & Pagoudis, 2018; Zurbriggen et al., 2011).
Il Circolo Vizioso Dell’Oggettivazione Sessuale
Diversi studi mettono in evidenza come il modellamento – l’apprendimento per osservazione – (Bandura, 1977) possa sostenere il circolo dell’oggettivazione sessuale. Nelle relazioni genitori-figli, per esempio, più le madri si auto-oggettivano, più le figlie riportano di fare altrettanto (Arroyo & Andersen, 2016; McKinley,1999). In un recente lavoro di Perez e collaboratori, che ha coinvolto madri e figlie di età compresa tra i 5 e i 7 anni, l’auto-oggettivazione delle madri risultava positivamente associata a quella riportata dalle bambine (Perez, Kroon Van Diest, Smith, & Sladek, 2018). È legittimo pensare che l’oggettivazione sessuale, più che un percorso lineare che comincia con l’esperienza di oggettivazione e termina con una serie di conseguenze negative per la vittima, sia un fenomeno più complesso.
Strelan e Pagoudis (2018) sostengono che l’oggettivazione sessuale sia un processo che si auto-alimenta, vale a dire, le persone che sperimentano con maggior frequenza esperienze oggettivanti sono esse stesse maggiormente propense a perpetuarla. Questa idea trova ampio riscontro empirico in ricerche che hanno mostrato come donne che si auto-oggettivano – che hanno quindi interiorizzato la prospettiva oggettivante – sono maggiormente inclini a oggettivare altre donne (Puvia & Vaes, 2013; Strelan & Hargreaves, 2005). Nelle relazioni di coppia, i partner che si auto-oggettivano sono più propensi a oggettivare i loro compagni. Ad esempio, Zurbriggen e collaboratori hanno dimostrato come la tendenza, riportata da studentesse e studenti universitari, a monitorare il proprio corpo fosse associata a una maggiore propensione a controllare l'apparenza esteriore dei propri partner (Zurbriggen et al. 2011). L’oggettivazione sessuale può quindi essere considerata come un circolo vizioso: l’esperienza dell’oggettivazione sessuale favorisce l’auto-oggettivazione che, a sua volta, alimenta l’oggettivazione degli altri.
L’Oggettivazione Sessuale Nella Famiglia
Nel 2007, l’American Psychological Association (APA) pubblica un report delle conseguenze e delle fonti che promuovono la sessualizzazione (si rimanda al glossario) di bambine e ragazze, concentrandosi in particolare sul ruolo dei media oggettivanti e sottolineando come, ai genitori e alla famiglia, spetta un ruolo importante nel moderare gli effetti dell’oggettivazione sessuale sui loro bambini. I genitori, tuttavia, come dimostrato da alcune ricerche (Arroyo & Andersen, 2016; McKinley, 1999; Perez et al., 2018), possono alimentare i messaggi oggettivanti e promuovere gli stessi atteggiamenti nei figli. A tal proposito, Bigler, Tomasetto e McKenney (2019) evidenziano come, unitamente all’esposizione mediatica e al ruolo dei pari, i genitori influenzano il comportamento di bambine e bambini. Nel modello proposto dagli autori, genitori che trasmettono (direttamente e indirettamente) l’idea che il valore delle donne derivi principalmente dalla loro apparenza esteriore possono sostenere l’interiorizzazione della sessualizzazione nei bambini, promuovendo, ad esempio, una maggiore oggettivazione delle donne, nei maschi, e una maggiore tendenza all’auto-oggettivazione, nelle femmine (Bigler et al., 2019).
Ad oggi, infatti, sappiamo che i processi associati all’oggettivazione sessuale agiscono anche nei preadolescenti e nei bambini (Lindberg, Hyde, & McKinley, 2006; Murnen, Smolak, Mills & Good, 2003; Perez et al., 2018; Tiggemann & Slater, 2014; per una rassegna di questi studi, si consiglia Daniels, Zurbriggen, & Ward, 2020) a livelli molto simili a quelli trovati negli adulti (Jongenelis, Byrne, & Pettigrew, 2014). In una recente ricerca (Pecini, Andrighetto, Di Bernardo, & Crapolicchio, in preparazione) che ha coinvolto bambini di 9, 10 e 11 anni è stata indagata l’associazione tra la percezione di essere oggettivati dai genitori e i livelli di auto-oggettivazione riportati dai bambini. I risultati rivelano come la preoccupazione per il corpo riportata dai bambini, sia maschi che femmine, è associata alla percezione di essere oggettivati dai genitori. Ai bambini, infatti, è stato chiesto di indicare quanto i loro genitori mostravano delle preoccupazioni per l’aspetto fisico e l’apparenza dei figli (ad esempio, “mia mamma confronta spesso il mio aspetto con quello degli altri”). L’associazione tra la percezione di essere oggettivati e i livelli di auto-oggettivazione riportati dai bambini ci mostra, da un lato, che l’interiorizzazione dello sguardo oggettivante si verifica già nella preadolescenza e, dall’altro, ci invita a riflettere sul ruolo che i genitori, accanto ai media (Vandebosch, Driesman, Trekels, & Eggermont, 2017) e ai pari (Petersen & Hyde, 2013; Rousseau & Eggermont, 2018) hanno nell’alimentare il processo dell’oggettivazione sessuale.
Conclusioni
Riconoscendo l’oggettivazione sessuale come un fenomeno articolato, capace di auto-alimentarsi (Strelan & Pagoudis, 2018) e che riguarda anche i più giovani, i programmi di prevenzione devono focalizzarsi sui diversi spazi in cui questo circolo vizioso può essere perpetuato. Accanto ai media, le relazioni interpersonali emergono come una fonte importante capace di sostenere l’oggettivazione sessuale e i processi associati. Lo sguardo oggettivante può essere messo in atto dagli altri sconosciuti, ma anche da persone socialmente significative per il soggetto, come i partner e i genitori. Da un lato, è necessario intervenire sulle diverse fonti, tra cui media, pari e famiglia (Bigler et al., 2019) che possono sostenere l’oggettivazione sessuale, promuovendo nei soggetti, ad esempio, la consapevolezza di tale processo e delle conseguenze associate. Dall’altro lato, è essenziale identificare tempestivamente fattori protettivi in grado di ridurre l’impatto dell’oggettivazione sessuale nei più giovani. Alcuni studi, ad esempio, suggeriscono come il coinvolgimento in determinate attività sportive (O’Brien, Ginis, & Kirk, 2008; Slater & Tiggeman, 2012) e la pratica dello yoga (Cox, Ullrich-French, Howe, & Cole, 2017) possano ridurre i livelli di auto-oggettivazione e le preoccupazioni associate all’apparenza fisica in adolescenti e bambini (Halliwell, Jarman, Tylka, & Slater, 2018). Favorire l’accesso e la promozione di tali attività potrebbe rivelarsi una strategia utile per intervenire tempestivamente e contrastare il fenomeno dell’oggettivazione sessuale.
È importante che le ricerche future continuino a indagare questi processi nei diversi ambiti in cui possono manifestarsi e a interrogarsi circa i potenziali fattori protettivi, consapevoli che l’interiorizzazione dello sguardo oggettivante può non solo avvenire già nella preadolescenza ma anche portare gli individui a utilizzare lo stesso sguardo per valutare gli altri, alimentando così il circolo vizioso dell’oggettivazione sessuale e le sue conseguenze.
Glossario
Sessismo: atteggiamento pregiudiziale o discriminatorio di un individuo verso persone di un dato sesso.
Categoria cognitiva: esito del processo cognitivo della categorizzazione. Tramite la categorizzazione, l’individuo riduce la complessità delle informazioni presenti nell’ambiente creando dei raggruppamenti, le categorie, in cui collocare stimoli a seconda delle loro caratteristiche.
Deumanizzazione: processo che implica la negazione dell’umanità a un individuo, o a un gruppo di individui, tale per cui al soggetto non vengono riconosciute – o vengano riconosciute parzialmente – le caratteristiche prototipiche dell'essere umano (ad esempio, moralità, autonomia, personalità).
Sguardo oggettivante: riferito all’ispezione visiva degli uomini diretta ai corpi delle donne, ovvero a una maggiore attenzione al corpo o alle parti sessuali del corpo delle donne, piuttosto che alla persona nella sua interezza.
Sessualizzazione: indica la riduzione della persona a oggetto sessuale. La sessualizzazione si verifica quando il valore di una persona è derivato unicamente dal suo aspetto fisico o dalla sua capacità di attrarre sessualmente gli altri.
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