Affrontare la Morte in Età Avanzata: Alcune Prospettive sulla Gestione del Terrore Durante l’Invecchiamento (traduzione italiana)

Keywords: salienza della morte; teoria della gestione del terrore; invecchiamento. 

I cambiamenti che hanno luogo tra giovinezza e mezza età, per poi arrivare all’età avanzata tendono ad essere sottili. Raramente individuiamo il momento in cui diveniamo “anziani.” Naturalmente, durante la mezza età ci potrebbero essere dei giorni in cui ci sentiamo vecchi; quando le giunture fanno male e la memoria ci tradisce. L’idea di Oliver Wendell Holmes che "La vecchiaia ha quindici anni più di me" trasmette esattamente l’idea che siamo sempre portati a pensare che la vecchiaia risieda negli altri e non in noi. Nonostante il sé interno si senta sempre giovane, il sé esterno cambia inevitabilmente con l'età: Nuove diagnosi sono date, ulteriori farmaci sono prescritti, i corpi s’indeboliscono, e alla scomparsa delle persone care si aggiungono i funerali attesi. I nostri corpi, così come l'invecchiamento di amici e parenti, ci ricordano che siamo mortali e che la fine della vita è inevitabile. Razionalmente, la morte è accettata come parte della vita, ma con l’aumentare dei segni dell'età e dei suoi numerosi effetti collaterali, aumentano anche quei segnali che ci ricordano prepotentemente che la vita non è infinita e si sta avvicinando la fine.

 

La teoria della gestione del terrore

La teoria della gestione del terrore (Terror Management Theory, TMT; Greenberg, Pyszczynski, & Solomon, 1986) postula che le persone, siano esse giovani o anziane, devono, in qualche modo, negare la realtà della morte come fine ultimo. Basata sugli scritti di Ernest Becker (1973), la teoria propone che la predisposizione biologica alla sopravvivenza, che condividiamo con gli animali, ha il potere di creare un’ansia opprimente negli esseri umani poiché diveniamo consapevoli della nostra natura vulnerabile e mortale – sappiamo che alla fine non sopravvivremo e che la nostra esistenza potrebbe terminare in qualsiasi momento a causa di una serie di pericoli fuori dal nostro controllo. Fortunatamente, piuttosto che vivere sotto il peso schiacciante di un’angoscia legata alla morte, la maggior parte delle persone sviluppa modi di ridurre al minimo la possibilità di sperimentare tale terrore esistenziale. Per fare ciò, le persone continuano a credere in un mondo che per loro ha senso, in cui giocano un ruolo importante.

Gli individui sentono di giocare un ruolo significativo nel mondo in cui vivono a seconda dei valori in cui credono. Da questo punto di vista, l'autostima è la sensazione che si prova quando si pensa di dare un contributo importante ad un mondo significativo. La concezione significativa della realtà e il senso di valore che ne deriva ci aiuta a gestire il terrore esistenziale, dandoci la sensazione che siamo esseri in una stabile e significativa realtà, piuttosto che semplici animali destinati a scomparire interamente dopo la morte fisica. L’avere un'anima eterna o lasciare un’impronta indelebile nel mondo può farci credere che la morte fisica non sia la fine, bensì che la nostra identità simbolica continui a vivere.

L'ipotesi più studiata, tratta dalla TMT, si basa sull'idea che se la fede nella propria visione del mondo culturale e l'autostima servono come barriere all’angoscia esistenziale, allora con una maggiore consapevolezza della morte, le persone si comporteranno in modo da rafforzare la loro visione del mondo culturale e la loro autostima. In altre parole, la consapevolezza della morte avvia dei processi che aiutano a gestire il terrore esistenziale, in particolare, l'affermazione dei propri valori, le credenze, così come la propria autostima. Per testare le ipotesi derivate da questa analisi, i ricercatori hanno chiesto alle persone di pensare alla propria morte, creando così quella che viene definita un’induzione di salienza della morte (si veda glossario), o consapevolezza della morte. I ricercatori hanno aumentato la consapevolezza della morte in diversi modi: ponendo domande aperte o domande vero/falso sulla propria morte, attraverso l'esposizione subliminale a parole associate alla morte, attraverso la visualizzazione di filmati di incidenti automobilistici mortali, chiedendo di identificare parole associate alla morte in un rebus, o ancora, passando accanto a un'impresa di pompe funebri. Per garantire che le reazioni dei partecipanti fossero dovute a stimoli che ricordano la morte e non semplicemente una risposta a tutto ciò che è spiacevole, sono stati effettuati vari di controlli. Tra i molti argomenti avversi che sono stati utilizzati, gli studi hanno incluso argomenti quali l’andare dal dentista, fare un esame imminente, il mal di denti, un dolore intenso imprevedibile, l'incertezza, il fallimento, l'isolamento sociale, la sensazione di essere insignificanti e di diventare paralizzati. Sono tutte esperienze sgradevoli, ma non legate alla morte, e la grande maggioranza degli studi dimostra che non producono gli stessi effetti rispetto agli stimoli che ricordano la morte.

I giovani adulti esposti a questi stimoli diventano sempre più difensivi e protettivi verso se stessi e verso il loro modo di vedere il mondo. Per esempio, mostrano una maggiore inclinazione ad aumentare la propria autostima che si manifesta attraverso un aumentato impegno in compiti rilevanti per se stessi o in attribuzioni al servizio di sé (e.g., Mikulincer & Florian, 2002; Peters, Greenberg, Williams, & Schneider, 2005); mostrano inoltre un orientamento difensivo verso la propria visione culturale (Florian & Mikulincer, 1997) ed una aggressività verso le persone che sfidano i loro valori culturali (McGregor et al., 1998). Ci si potrebbe chiedere che cosa la difesa dell’autostima e della propria visione del mondo culturale abbia a che fare con la morte. La difesa di questi costrutti è definita difesa distale (si veda glossario). Anche se non logicamente o semanticamente correlata alla morte, la difesa distale fornisce una protezione contro l'ansia esistenziale, consentendo alle persone di vedere se stessi come preziosi elementi di un universo significativo e duraturo. Esistono anche difese più specifiche contro la morte, definite difese prossimali (si veda glossario). Queste includono tentativi logici per affrontare l'ansia della morte, volti a distanziare se stessi dalla morte: Mangiare sano, fare esercizio, e prendere altre misure volte a ritardare il declino fisico e la morte. Le difese prossimali tendono ad emergere quando la morte è al centro dell’attenzione consapevole; a causa dell’intensa ansia associata alla la morte, le persone preferiscono allontanare il pensiero della morte e impegnarsi in comportamenti sani, ignorando i fattori associati alla morte precoce e adottando delle abitudini associate alla longevità (per una rassegna, si veda Goldenberg & Arndt, 2008). Le difese distali appaiono quando la morte non è più al centro dell’attenzione; quando i pensieri sulla morte si soffermano ai margini della coscienza, le persone rafforzano la loro visione del mondo culturale e la loro autostima (si veda Pyszczynski, Greenberg, & Solomon, 1999, per una panoramica di questo duplice modello di difesa contro la morte).

La gestione del terrore in età avanzata

Se consideriamo che gli adulti percepiscono il futuro in modo più ampio rispetto agli anziani (Lang & Carstensen, 2002), è logico pensare che le risposte ai pensieri sulla morte possono variare in funzione dell'età. Dato l'atteggiamento difensivo che i giovani presentano pensando alla morte, nonostante la loro visione più ampia del futuro, è probabile che gli anziani, la cui prospettiva temporale è più limitata, ne siano ancora più turbati. Inoltre, la vicinanza al concetto della morte dovuta alla perdita di persone care o alla consapevolezza di un proprio problema di salute sembra creare uno stato cronicamente elevato di consapevolezza della morte. A peggiorare le cose, inevitabili cambiamenti nei valori culturali possono portare ad una visione obsoleta e meno efficace del mondo. Gli anziani sono anche consci di essere meno in grado di soddisfare gli standard culturali di bellezza, di forza, o di produttività, il che potrebbe avere un impatto negativo sull’autostima. Prendendo spunto dalle posizioni difensive e l’aggressività osservata tra i partecipanti più giovani, potremmo immaginare bande di anziani arrabbiati e difensivi.

Tuttavia, anche se l'occasionale adulto anziano scontroso non è una novità, chiunque sia esposto alle persone anziane è consapevole del fatto che la vecchiaia non è generalmente caratterizzata da rabbia e risentimento. Prima di preoccuparsi troppo degli anziani scontrosi, terrorizzati dalla morte, ricordiamo la chiave per una gestione efficace del terrore. In questo modo possiamo suggerire una traiettoria più ottimista per l’invecchiamento. Gli anziani possono aver avuto maggiori opportunità di stabilire e mantenere la loro visione del mondo culturale e la loro autostima, pertanto possono essere meglio attrezzati per affrontare la vita e la morte. Forse, come risultato, gli anziani esprimono una maggiore affettività positiva e una minore affettività negativa rispetto agli adulti più giovani (ad es., Mroczek & Kolarz, 1998), e sono meno soggetti alla maggior parte dei disturbi psicologici che si riscontrano invece nei giovani (ad es., Kessler et al., 2005), suggerendo un benessere psicologico intatto.

Durante l'invecchiamento si possono avere molti momenti di riflessione sulla propria vita. Il pensionamento può essere visto come un’occasione per riflettere sui risultati ottenuti e un’occasione per prendere in considerazione nuovi hobby e nuove amicizie. D'altra parte, alcuni vedono la pensione come il momento di lasciar andare la carriera che li ha definiti fino ad allora. Sperano di trovare un modo per riempire le giornate, avendo a volte la sensazione che i loro giorni migliori siano passati. Per fortuna, anche in età adulta si cambia e ci si adegua. I cambiamenti evolutivi nel modo in cui le persone affrontano il problema della morte sono una parte importante dell’invecchiamento - è improbabile che persone di 80 anni possano pensare alla morte allo stesso modo dei diciottenni.

Anche se la ricerca sulla gestione del terrore ha coinvolto sia studenti universitari che trentenni, di recente anche gli anziani sono stati inclusi in questa ricerca. In termini di paura esplicita della morte, la ricerca suggerisce che con l'età, nelle persone diminuisce l'ansia correlata alla morte (ad es., DePaola, Griffin, Young, & Neimeyer, 2003). Tuttavia, la ricerca suggerisce che l'ansia della propria morte non sempre riflette accuratamente come le persone rispondono alla consapevolezza della morte; infatti, i giovani che hanno un livello di ansia inferiore reagiscono in modo più difensivo agli stimoli che ricordano la morte (ad es., Greenberg et al, 1995). Così, fin dall'inizio della ricerca sulle strategie della gestione del terrore negli anziani, non è stato chiaro se gli anziani siano meno sensibili, più reattivi, o reattivi in un modo diverso alla salienza della morte.

Come punto di partenza, gli anziani sono stati inclusi nel tradizionale paradigma sperimentale della TMT, al fine di confrontare le risposte degli anziani e dei giovani in seguito all’indizione di salienza della morte. Maxfield e colleghi (2007) hanno scoperto che gli anziani cui viene resa saliente la propria morte, mostrano una minore tendenza a punire coloro che trasgrediscono ad una visione culturale comune – in pieno contrasto con una maggiore tendenza a punire da parte dei giovani. Forse attraverso l’esperienza di vita acquisita in 70 o 80 anni, le persone imparano modi più positivi per rispondere ad una maggiore consapevolezza della morte. È interessante notare che gli anziani non sono più indulgenti in generale; nella condizione di controllo, gli anziani sono significativamente più punitivi rispetto ai giovani, suggerendo che la minor volontà di punire deriva da una contemplazione della morte, piuttosto che da uno spostamento generale verso la clemenza.

In uno studio successivo (Maxfield et al., 2012) è stata valutata anche la memoria dei partecipanti, le funzioni esecutive, la salute (auto-valutazione), e il benessere psicologico in generale. Le funzioni esecutive (funzioni cognitive, come la pianificazione, il ragionamento e l’auto-controllo) influenzano le risposte degli anziani: In seguito all’induzione di salienza della morte la tendenza a punire era minore per gli anziani con un elevate funzioni cognitive, mentre era maggiore per gli anziani con basse funzioni cognitive. Le funzioni esecutive dei giovani non influenza le risposte alla salienza della morte, e la memoria, la salute e il benessere non influenzano le risposte alla salienza della morte in entrambe le fasce di età. Questi risultati suggeriscono che il mantenimento dei processi cognitivi superiori è importante in età avanzata per adattarsi alla morte (e forse anche per accettarla).

Otre ad una ridotta tendenza a punire tra gli anziani, studi recenti suggeriscono che essi rispondono alla salienza della morte con un maggiore desiderio di offrire qualcosa alle generazioni future (Maxfield et al., 2013). In due studi, gli anziani hanno mostrato un maggiore interesse per le generazioni future dopo l’induzione di salienza della morte; nei giovani invece l’interesse per le generazioni future non è influenzato. Questa maggiore preoccupazione per le generazioni future presente negli anziani va oltre la semplice eredità lasciata ad una persona vicina o il desiderio di erigere un monumento a se stessi. Il pensiero della morte aumenta il desiderio da parte degli anziani di lasciare un'eredità che potrebbe migliorare il benessere degli altri piuttosto che una semplice eredità che li faccia ricordare. Questi risultati suggeriscono che un orientamento pro-sociale altruista potrebbe essere un modo particolarmente utile per affrontare l’avvicinarsi della propria morte.

I pochi studi che hanno confrontato le difese prossimali in diverse fasce d’età hanno prodotto risultati discordanti (ad es., Bevan, Maxfield, & Bultmann, in press; Bӧzo, Tunca, & Simsek, 2009; Taubman Ben-Ari & Findler, 2005). Il tenore generale dei risultati sembra essere che, in seguito all’induzione di salienza della morte, sia i giovani adulti che gli anziani rispondono con un maggiore desiderio di impegnarsi in comportamenti salutari. Sembra che tra i giovani e gli anziani (ma forse non tra le persone di mezza età), vi sia una forte tendenza a posticipare la morte attraverso la razionalità (difesa prossimale), ad esempio impegnandosi di più in comportamenti di promozione della propria salute, anche se gli anziani non sembrano essere impegnati nelle stesse difese distali (si veda glossario) simboliche adottate dalle persone più giovani. Questi risultati sono però incerti, pertanto sono necessarie altre indagini sulle difese prossimali (si veda glossario) in persone di età diversa.

In sintesi, con l’avanzare dell'età, diventa sempre più difficile vedere la morte come un problema astratto che riguarda il lontano futuro. L’avvicinarsi della morte richiede un cambiamento e non tutte le persone anziane cambiano il modo in cui si riferiscono alla morte, adottando un approccio più flessibile, tollerante, e socialmente orientato agli ultimi anni della loro vita. La minore sicurezza emotiva crea un impulso per ricercare nuove fonti di significato e di autostima. Per modificare il modo di affrontare la morte e la vita occorrono però delle risorse. Finora, i nostri studi indicano il funzionamento esecutivo come una risorsa particolarmente importante in questo senso. Questo ha senso, poiché la regolazione dei propri obiettivi e significati richiede una notevole flessibilità e adattabilità. L’aspetto positivo è che molti anziani sembrano in grado di fare questa transizione verso una flessibilità, che gioca un ruolo importante per adattarsi positivamente alle sfide dei loro ultimi anni.

Ricerche future

Considerato ciò che è stato rilevato finora riguardo alle risposte degli anziani alla salienza della morte, può essere che molti di loro gestiscano le proprie preoccupazioni relative alla morte in modo particolarmente costruttivo, cosa che il resto di noi potrebbe emulare. Un passo successivo sarebbe comprendere meglio ciò che permette agli anziani con un elevato funzionamento di reagire in modo pro-sociale. Una possibilità è che vedono la morte in un modo più realistico e concreto, il che permette loro di identificarsi con la continuità della vita in maniera più profonda e meno superficiale.

Tornando alla saggezza di Oliver Wendell Holmes, si ricorda la sua affermazione che "Il giovane conosce le regole, ma il vecchio conosce le eccezioni." La ricerca futura dovrà individuare le strategie o i fattori protettivi che solo gli anziani sono in grado di utilizzare per scongiurare l'atteggiamento difensivo negativo che i giovani in genere mostrano in risposta ad una maggiore consapevolezza della morte. Ad oggi è chiaro che il funzionamento esecutivo è uno di quei fattori protettivi legati alle reazioni orientate positivamente, ma certamente altre variabili entrano in gioco. Il processo d’invecchiamento può comportare processi emotivamente e fisicamente dolorosi, e la ricerca finora non ha affrontato come il numero e l'intensità delle perdite emotive o le condizioni di salute croniche abbiano un impatto sulla consapevolezza della mortalità. Abbiamo anche considerato la possibilità che ci possano essere situazioni peggiori della morte – forse il vivere con una condizione di salute gravemente limitante fisicamente o cognitivamente. In effetti, la ricerca che riguarda la "preoccupazione sulla demenza" suggerisce che il decadimento cognitivo è un motivo significativo di preoccupazione per gli adulti di mezza età e gli anziani (ad es., Kessler, Bowen, Baer, Froelich, & Wahl, 2012). La perdita di memoria può rappresentare un'ansia esistenziale riguardante la scomparsa di se stessi, piuttosto che la morte fisica – anzi, la persona con sei, sette o otto decadi alle spalle può avere la sensazione di svanire con la perdita dei propri ricordi personali. Può essere che la paura della morte fisica diventi meno pressante rispetto alla paura di vivere una vita non dignitosa. Andando avanti, vediamo due direzioni chiave per nuove ricerche e la considerazione delle applicazioni reali. In primo luogo, individuando i modi in cui gli anziani sviluppano delle risposte orientate positivamente verso la mortalità, si potrebbe fornire una modalità che persone di età diverse potrebbero adottare per ridurre il proprio atteggiamento difensivo. In secondo luogo, attraverso la comprensione delle paure esistenziali che gli anziani avvertono, a parte la morte, i medici potrebbero affrontare queste paure (ad es., la perdita della memoria e la perdita di persone care in modo più diretto). Questo per alleviare le pene inevitabili che comporta l’invecchiamento.

Glossario

Difese distali. Riguardano pensieri di morte che indirettamente proteggono la propria visione culturale del mondo e il rafforzamento dell'autostima. Esempi sono la difesa della propria visione culturale attraverso la valutazione sempre più positiva di coloro che la sostengono e una valutazione sempre più negativa di coloro che la violano.
Difese prossimali. Riguardano pensieri di morte e comportamenti volti a negare/ritardare la morte. Un esempio è la negzione della propria vulnerabilità alla morte e una maggiore volontà di impegnarsi in comportamenti salutari che possano prevenire la morte.
Salienza della morte. È uno stato di maggiore accessibilità dei pensieri legati alla morte, che negli studi viene tipicamente raggiunto ponendo alle persone domande sulla propria morte, mostrando video raffiguranti vittime, o mostrando un'impresa di pompe funebri.

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