La psicologia ambientale si è negli anni focalizzata sulla comprensione della relazione duplice tra uomo e natura. Se da un lato l’interesse ricade tutt’ora sui processi sottostanti all’azione dell’uomo sulla natura (“Cosa spinge gli individui a comportarsi pro o contro la natura?”), dall’altro si è data altrettanta attenzione alla comprensione del modo attraverso il quale le caratteristiche ambientali potessero influenzare il benessere e l’adattamento degli individui (e.g., riduzione dello stress) (Steg et al., 2018; Ulrich et al., 1991). Le due teorie principali incentrate sulla comprensione dei processi che ricadono all’interno di questa seconda categoria sono la Stress Reduction Theory (SRT; Ulrich, 1983) e la Attention Restoration Theory (ART; Kaplan, 1995). La SRT propone che il contatto con la natura, rispetto ad ambienti urbani, comporta effettivi benefici psico-fisici che favoriscono un recupero più rapido da condizioni stressanti. Secondo l’ART, invece, quando siamo in contatto con ambienti urbani, la nostra attenzione volontaria viene continuamente messa alla prova e questo ci porta a consumare pian piano le nostre energie, in termini di risorse mentali a disposizione. Dall’altro lato, gli ambienti naturali, stimolando la nostra attenzione involontaria, richiedono meno sforzo attentivo, che ci permette non solo di far “riposare” la nostra mente, ma anche di recuperare le energie che invece vengono messe a dura prova dai frenetici ritmi quotidiani (Basu et al., 2019). In linea con le due teorie illustrate, diversi studi si sono focalizzati sulla comprensione dei processi legati al sollievo dallo stress quale effetto e beneficio primario derivante del contatto con la natura (per ulteriori approfondimenti, vedi Spano et al., 2023). Nonostante questo, sempre più autori e autrici in letteratura hanno osservato gli effetti benefici della natura non solo nella riduzione di stati emotivi negativi, ma anche rispetto alla potenziale induzione di stati emotivi positivi (e.g., Theodorou et al., 2023). In quest’ottica, studi recenti hanno approfondito anche il ruolo della natura nel generare la cosiddetta awe.
L’esperienza complessa dell’awe
L’awe è definita in letteratura come una emozione complessa, generalmente ad accezione positiva, generata dall’osservazione di stimoli peculiari, simile alla meraviglia e alla felicità ma con accezioni differenti. Mentre solitamente proviamo meraviglia quando cerchiamo di analizzare e comprendere uno stimolo esterno e sperimentiamo felicità in relazione al contesto sociale in cui siamo inseriti, l’awe nasce dall'osservazione di qualcosa di straordinario, che supera la nostra comprensione o ci fa sentire parte di qualcosa di più grande di noi stessi (Chen & Mongrain, 2021; Yaden et al., 2016, 2017). La maggior parte degli studi in letteratura evidenzia come l’awe sia una emozione multi sfaccettata che l’individuo sperimenta nell’osservazione di ambienti e che genera un misto di paura e fascinazione, cosi come reazioni fisiologiche peculiari quali, ad esempio, la pelle d’oca (Yaden et al., 2019). Secondo numerosi studi condotti sul tema, le due dimensioni costitutive dell’awe sono la ‘perception of vastness’ e il ‘need for accomodation’. La prima dimensione è relativa al senso di vastità che l’individuo può sperimentare sia da un punto di vista percettivo, come in seguito alla visione di un ambiente naturale che ci colpisce particolarmente, sia concettuale, legato, ad esempio, ad una meditazione che ci ha spinto a ragionare sul senso della vita e dell’eternità (Yaden et al., 2016). La seconda dimensione invece fa riferimento al bisogno dell’individuo di ampliare i propri schemi mentali in relazione alle nuove informazioni che sta acquisendo (Keltner & Haidt, 2003; Shiota et al., 2007). È bene specificare che l’awe, seppur approfondita in questo caso in relazione ai contesti naturali, può essere sperimentata anche al di fuori di essi. Non è insolito sperimentarla ad esempio, anche in relazione alla visione di opere d’arte, concerti e pratiche spirituali e religiose (Shiota et al., 2017). Ma perché è interessante approfondire l’awe e le conseguenze che questa emozione complessa ha su di noi? Diversi studi in letteratura evidenziano come l’esperienza dell’awe comporti diversi benefici per gli individui quali, ad esempio, performance più elevate, riduzione della frequenza cardiaca e dell’ansia, messa in atto di maggiori comportamenti prosociali e un miglioramento generale nei livelli di benessere percepito (Anderson et al., 2018; Rankin et al., 2020; Shiota et al., 2014). Nonostante vi siano autori e autrici che hanno evidenziato in precedenza come l’esposizione alla natura sia associata a un incremento nei livelli di awe (e.g., Ballew & Omoto, 2018), purtroppo non tutti gli individui possono beneficiare di quest’esperienza diretta, sia a causa di impedimenti di natura psico-fisica, come nel caso di persone anziane e/o persone con disabilità così come per impedimenti di natura giudiziaria, come nel caso di persone in regime di detenzione. Inoltre, il progressivo impoverimento delle aree verdi cittadine come conseguenza della massiva cementificazione delle metropoli e i ritmi sempre più frenetici a cui siamo sottoposti, hanno reso gli ambienti naturali sempre meno accessibili sia da un punto di vista economico (e.g., spese necessarie per raggiungerli) che temporale (e.g., tempo necessario per godere a pieno dell’esperienza; Berto, 2014; Bratman et al., 2021). Allo scopo di ovviare alle limitazioni sopracitate, sono stati fatti significativi passi avanti da un punto di vista tecnologico, ad esempio attraverso l’utilizzo della realtà virtuale.
L’utilizzo degli ambienti naturali virtuali nel generare awe
La realtà virtuale, solitamente nominata tramite l’acronimo derivato dalla sua traduzione inglese (VR), è una tecnologia avanzata basata sulla simulazione di ambienti reali e fruibili tramite specifici visori indossati sulla testa (Clemente et al., 2024; Yu et al., 2018). I contenuti riproducibili in VR possono essere di due tipologie. La prima prevede la creazione di scenari tridimensionali attraverso programmi e software specifici. La seconda, invece, prevede l’utilizzo di foto e/o video a 360 gradi. Nonostante la prima modalità garantisca maggiore immersività grazie alla natura tridimensionale degli scenari (Chirico et al., 2018), studi precedenti hanno mostrato come anche le foto/video a 360 gradi siano in grado di apportare effetti benefici agli individui grazie al realismo delle immagini mostrate (Bishop & Rohrmann, 2003). Diversi studi recenti hanno posto particolare enfasi sulla costruzione di ambienti virtuali tridimensionali con caratteristiche capaci di evocare l’emozione dell’awe. Ad esempio, Chirico e collaboratori (2017, 2018, 2019) in studi recenti hanno costruito una serie di ambienti virtuali tridimensionali capaci di generare livelli più o meno elevati di awe, confrontandoli con ambienti cosiddetti “neutrali”, ovvero non aventi caratteristiche capaci di indurre awe. Gli autori e le autrici hanno individuato che l’ambiente naturale virtuale con caratteristiche che maggiormente evocavano awe, raffigurante una foresta con alberi alti, fosse in grado di generare maggiori livelli di awe rispetto ad ambienti virtuali tridimensionali neutrali. Inoltre, simili risultati sono stati ottenuti dagli/lle autori/trici anche quando lo stesso ambiente forestale è stato confrontato con ambienti in grado di evocare awe ma presentati ai partecipanti tramite una modalità bidimensionale (quindi privi della caratteristica della profondità propria delle ambientazioni tridimensionali) (Chirico et al., 2017, 2018, 2019). Grazie a questi e altri studi (per ulteriori approfondimenti, vedi Chirico et al., 2016; Chirico & Gaggioli, 2019) sappiamo che è effettivamente possibile provare awe anche attraverso la VR e quali caratteristiche gli ambienti naturali virtuali dovrebbero avere per generarla. Nonostante questo, sono ancora poco esplorati in letteratura gli aspetti che potrebbero facilitare l’esperienza dell’awe in scenari naturali virtuali. Uno studio che ha indagato un possibile facilitatore dell’esperienza di awe è quello di Chirico e Gaggioli (2019). I risultati, infatti, dimostrano come l’effetto combinato dell’esposizione a un brano musicale in un ambiente virtuale naturale generasse un incremento maggiore nei livelli di awe percepita rispetto alla condizione che prevedeva solo la musica (Chirico & Gaggioli, 2019). Questo risultato mette ulteriormente in risalto la necessità di andare ancora più a fondo nella comprensione di stimoli o esperienze che, associate alla realtà virtuale, possano avere effetti significativi sull’esperienza di awe. Recenti evidenze in letteratura, infatti, hanno mostrato che una pratica dalle origini antichissime, quale la meditazione mindfulness, potrebbe effettivamente favorire l’esperienza di awe quando applicata in connubio con l’esposizione ad ambienti naturali tramite VR.
La mindfulness in ambienti virtuali naturali e l’awe: quale relazione?
La meditazione mindfulness trae le sue origini dalla tradizione buddhista e si concretizza in una pratica che permette all’individuo di portare l’attenzione sul momento presente, in un processo di consapevolezza scevro dal giudizio rispetto alle proprie azioni e pensieri (Kabat-Zinn, 2015). Tra le tecniche utilizzate per indurla vi è la respirazione diaframmatica e il body scan. Nella prima il praticante utilizza consapevolmente il diaframma per respirare e focalizza la sua attenzione sulle fasi dell’inspirazione ed espirazione (Brenner et al., 2020). Durante il body scan, invece, il praticante si concentra attentamente su diverse parti del proprio corpo, solitamente iniziando dalla testa e procedendo verso i piedi o viceversa (Ditto et al., 2006). Pur nascendo come pratica propria dei paesi orientali, la mindfulness è stata a lungo applicata a scopi terapeutici anche in Occidente (Kabat-Zinn, 2003) e diversi studi ne hanno attestato l’efficacia, ad esempio, nella riduzione delle varie manifestazioni sintomatiche indotte da alti livelli di stress e nell’incremento dei livelli di benessere complessivi (e.g., Kallapiran et al., 2015). Studi recenti hanno applicato la pratica mindfulness tramite la VR, testimoniandone i benefici in termini di riduzione dello stress, dell’ansia e nel miglioramento dell’umore (e.g., Arpaia et al., 2021; Ma et al., 2023). Una recente analisi sistematica della letteratura ha evidenziato come la pratica di respirazione profonda guidata, indotta tramite una voce guida, sia la pratica di mindfulness maggiormente utilizzata in relazione alla VR, mentre sono ancora pochi gli studi che hanno applicato il body scan all’interno degli ambienti virtuali (Döllinger et al., 2021). In che modo questo si lega alla relazione tra l’esposizione ad ambienti naturali virtuali tramite VR e l’awe? Secondo alcune autrici (Chen & Mongrain, 2021; Hodgins & Adair, 2010) la meditazione mindfulness permette di evitare che la persona possa vagare eccessivamente con la mente, favorendo di conseguenza una maggiore attenzione al qui ed ora, che si concretizza anche in una attenzione più elevata all’ambiente che ci circonda. I risultati ottenuti da Zeidan e colleghi (2010) sostengono questa ipotesi; gli autori e le autrici, infatti, hanno dimostrato come i partecipanti sottoposti ad un training di meditazione mindfulness di breve durata presentassero livelli di attenzione sostenuta più elevati. Questo comportava una capacità di mantenere il focus attentivo sugli stimoli a cui assistevano per più tempo e in maniera più accurata. La capacità di cogliere al meglio e processare più velocemente le informazioni che provengono dall’ambiente a cui si è esposti, secondo Chen & Mongrain (2021) è uno degli aspetti estremamente rilevanti per favorire l’esperienza dell’awe. In altre parole, chi è esposto a un ambiente virtuale naturale e contemporaneamente è sottoposto anche a una pratica di meditazione mindfulness potrebbe sperimentare maggiore awe, perché riuscirebbe a concentrarsi maggiormente sui dettagli dell’ambiente virtuale e immersivo a cui assiste. Ad oggi, però, sono ancora pochi gli studi che hanno coniugato questi due aspetti, pur con risultati incoraggianti (e.g., Mistry et al., 2020). Nonostante questo, gli studi riportati fungono da importante incentivo per la ricerca scientifica a muoversi in questa direzione, cosi da poter addurre ulteriori riprove della bontà di questo connubio mindfulness-realtà naturale virtuale e favorire l’esperienza di awe nel modo più efficace possibile
Conclusioni
Le ricerche e gli studi che sono stati riportati in questo articolo dimostrano come i processi e fattori coinvolti nel generare awe attraverso scenari virtuali naturali sono potenzialmente molteplici.Difatti, se da un lato si è fatta maggiore chiarezza sui possibili punti di connessione tra mindfulness, realtà virtuale e awe, resta ancora tutto da chiarire il perché e il come si realizza questo possibile processo di facilitazione all’awe. Quali processi sono implicati? Passa tutto esclusivamente dalla capacità della mindfulness di spostare il focus attentivo sull’ambiente, evitando dispersioni del pensiero? A queste domande si sta cercando di dare risposta attraverso le ultime ricerche in letteratura. Ad esempio, quello che è stato ampiamente studiato è che gli ambienti naturali sia in vivo che virtuali, hanno una qualità peculiare, chiamata restorativeness e definita come la capacità dell’ambiente naturale di fornire sollievo dallo stress e permettere un recupero delle energie mentali che vengono consumate quotidianamente, in particolar modo in ambienti urbani (Menardo et al., 2021). Cosa sappiamo rispetto al coinvolgimento della restorativeness nella relazione tra mindfulness in realtà virtuale naturale e awe? Uno studio recente di Costa e collaboratori (2019) ha evidenziato una associazione tra la meditazione mindfulness svolta in scenari naturali virtuali e la restorativeness percepita. Un ulteriore studio di Ballew e Omoto (2018) ha mostrato come gli ambienti naturali fossero in grado di generare awe attraverso la fascinazione, che è una delle dimensioni costitutive del costrutto della restorativeness. Sappiamo inoltre da studi recenti che ambienti virtuali naturali, come ambienti artici, lacustri e verdi, sono in grado di generare stati emotivi positivi tramite la restorativeness, quando confrontati con ambienti urbani. In altre parole, l’esposizione agli ambienti naturali virtuali comporta un incremento di restorativeness e questo a sua volta causa un aumento nei livelli di energie ed emozioni positive (Theodorou et al., 2023). Sulla base delle evidenze riportate in precedenza, sarebbe interessante approfondire in ricerche future se la capacità della mindfulness di guidare l’attenzione sullo stimolo possa favorire prima un processo rigenerativo (la restorativeness) e solo dopo che le nostre energie mentali si sono ristorate riuscire, conseguentemente, a cogliere meglio tutti i dettagli dell’ambiente a cui siamo esposti, cosi da godere a pieno della nostra esperienza di awe. Allo stesso modo, sarebbe interessante in futuri studi approfondire la direzione della relazione tra awe e restorativeness. In altre parole, potrebbe anche verificarsi che il processo rigenerativo sia favorito dall’esperire una emozione complessa come l’awe, e non viceversa. Non sono attualmente presenti in letteratura studi in grado di rispondere a queste domande di ricerca, a riprova di quanto ancora c’è da scoprire rispetto a questi interessanti fenomeni legati alla psicologia ambientale. Nonostante questo, le evidenze riportate in questo articolo sottolineano il potenziale della natura virtuale e della mindfulness a essa associata nel generare awe. Questi risultati sono estremamente utili, soprattutto in relazione ai benefici a cui si associa l’esperire questa emozione positiva e complessa, quali, ad esempio, riduzione dell’ansia e del battito cardiaco e maggiori comportamenti prosociali verso gli estranei (Chirico et al., 2017; Piff et al., 2015; Rankin et al., 2020; Shiota et al., 2014). In quest’ottica, riuscire ad ottenere questi risultati anche senza recarsi fisicamente in natura (che ricordiamo essere sempre e comunque preferibile, al netto di impedimenti di vario tipo già evidenziati) può diventare una effettiva risorsa in termini di costi-benefici difficilmente equiparabile.
Glossario
Awe. Un’emozione complessa che origina quando l’individuo è esposto a stimoli percettivamente vasti, che superano gli abituali confini percettivi.
Attenzione involontaria. Quando l'attenzione è attratta da uno stimolo senza un'intenzione o uno sforzo deliberato.
Attenzione volontaria. L'attenzione volontaria si riferisce alla capacità di concentrarsi consapevolmente su uno specifico stimolo o compito.
Attenzione sostenuta. La capacità di mantenere la concentrazione su un compito o uno stimolo per un periodo prolungato di tempo, senza essere distratti o interrotti.
Ambienti naturali virtuali. Ambienti naturali riprodotti tramite realtà virtuale.
Focus attentivo. La capacità di concentrare consapevolmente la propria attenzione su un particolare oggetto, attività o pensiero, escludendo o riducendo al minimo le distrazioni.
Mindfulness. Strategia di regolazione emotiva che consiste nel prestare attenzione a) con intenzione b) al momento presente e c) in modo non giudicante. Può essere anche descritta come un modo di coltivare una piena consapevolezza dell’esperienza nel qui e ora. Tra le tecniche utilizzate per indurle vi è la respirazione diaframmatica e il body scan. Nella prima il praticante, utilizzando il diaframma e seguendone i movimenti con la mano, focalizza la sua attenzione sulle fasi dell’inspirazione ed espirazione. Il body scan, invece, ha come obiettivo quello di esplorare la consapevolezza corporea mantenendo una postura seduta e concentrandosi lentamente sulle singole parti del corpo.
Realtà virtuale. Tecnologia che utilizza specifiche apparecchiature, come i display montati sulla testa, per riprodurre ambienti simulati, consentendo agli individui di vivere un'esperienza immersiva.
Restorativeness. La capacità di un ambiente di ripristinare il benessere mentale e fisico delle persone che lo occupano.
Stati emotivi positivi. Esperienze emotive caratterizzate da sensazioni di felicità, gioia, soddisfazione o contentezza. Questi stati possono manifestarsi in risposta a eventi, situazioni o pensieri che sono percepiti come positivi o gratificanti.
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Nota degli autori
L.R. è supportato con contratto di ricerca co-finanziato dall’Unione Europea - PON Ricerca e Innovazione 2014-2020 ai sensi dell’art. 24, comma 3, lett. a), della Legge 30 dicembre 2010, n. 240 e s.m.i. e del D.M. 10 agosto 2021 n. 1062 (CUP: H85F21001380003).
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