Promuovere i comportamenti pro-ambientali per un futuro sostenibile

In un recente TED Talk, Lord Nicholas Stern, Direttore del “Grantham Research Institute on Climate Change and the Environment”, spiega come la nostra società stia affrontando due trasformazioni fondamentali da cui dipenderà il nostro sviluppo economico e sociale: una fondamentale trasformazione strutturale (entro il 2050, è previsto un aumento dell’urbanizzazione del 70%, un aumento della domanda di energia del 40% e una conseguente drastica intensificazione dello sfruttamento di terre, acqua e foreste) legata alla fondamentale trasformazione del clima, intensificato in maniera esponenziale dall’era industriale e post-industriale (Stern, 2007; The state of the climate — and what we might do about it, 2014). Di questo passo, alla fine del 2200 avremo immesso nell’atmosfera una tale quantità di gas serra che saremo tornati all’atmosfera di 50 milioni di anni fa (Zachos, Dickens, & Zeebe, 2008). Intervenire su tale scala a livello globale significa intervenire in ottica sistemica non solo a livello politico, economico e sociale ma anche a livello comportamentale: individui, gruppi e comunità devono tutti adattarsi alle nuove sfide ambientali e sociali che ci troviamo ad affrontare (Steg & Vlek, 2009). In tal senso la Psicologia Ambientale (Bonnes & Secchiaroli, 1995; Clayton, 2012; Gifford, 2014), ovvero quella branca della psicologia che studia la reciproca influenza tra l’ambiente in cui viviamo, il nostro comportamento e il nostro benessere, ha raccolto il guanto e ha accettato la sfida. Soprattutto dagli anni ’90, gli psicologi ambientali stanno lavorando per capire quali siano le determinanti dei comportamenti pro-ambientali, e si fanno promotori di strategie e strumenti che favoriscono l’occorrenza di comportamenti ecologici. Purtroppo però, nonostante la grande conoscenza prodotta, poca attenzione è stata posta sull’impatto che tali pratiche possono avere a livello di cambiamento comportamentale. Il presente articolo ha l’obiettivo di sintetizzare lo stato dell’arte della ricerca in Psicologia Ambientale e propone delle linee guida per la promozione di comportamenti pro-ambientali secondo il framework del Community-Based Social Marketing (CBSM; McKenzie-Mohr, Lee, Schultz, & Kotler, 2012).

Promozione dei comportamenti pro-ambientali

Molta ricerca in psicologia ambientale ha studiato come promuovere la sostenibilità (Schultz & Kaiser, 2012), suggerendo quali strategie e strumenti sono efficaci per la promozione di comportamenti pro-ambientali. In particolare, tre risultati principali emergono quando si considera l’efficacia di tali strumenti (Osbaldiston & Schott, 2011): a) il comportamento pro-ambientale può essere cambiato; b) alcuni interventi sono più efficaci di altri; c) l’efficacia dell’intervento non è univoca e uniforme. 

Diversi programmi psicologico-sociali possono quindi essere efficacemente usati da manager o professionisti per promuovere cambiamenti comportamentali in favore dell’ambiente. Ciononostante, tali risultati non offrono grandi suggerimenti sul quando certi strumenti sono più efficaci rispetto ad altri, né su quali tipi di persone o quali tipi di comportamento debbano essere promossi o modificati (Schultz, 2015). In generale, due condizioni chiave, che fondano il framework del CBSM (McKenzie-Mohr et al., 2012), devono essere tenute in considerazione affinché questi strumenti siano efficaci nella promozione di cambiamento comportamentale: a) le caratteristiche del comportamento target; b) le caratteristiche della popolazione target (Schultz, 2015).

Il Community-Based Social Marketing (CBSM)

Il social marketing si riferisce all’applicazione di scienze comportamentali per la promozione di un cambiamento positivo (il comportamento target) all’interno di una comunità (Schultz, 2015). Quando il suo approccio è community-based, il social marketing si incentra su un gruppo di individui (la popolazione target) che condividono uno scopo comune (McKenzie-Mohr et al., 2012). Il framework del CBSM segue un processo a cinque passi:

1. Identificare uno specifico comportamento target, che deve essere end-state e non divisibile.

2. Identificare le barriere e i benefici del comportamento target, rispettivamente le variabili reali o percepite che riducono o aumentano la probabilità che un comportamento sia messo in atto.

3. Sviluppo del programma d’intervento, che mira sia a incrementare i benefici che a diminuire le barriere associati al comportamento target.

4. Pilot testing, che testa gli elementi del programma su piccola scala, ed eventualmente li modifica in base ai risultati emersi.

5. Implementazione e valutazione. Una componente chiave del CBSM è quindi l’enfasi che deve essere posta sia sulla riduzione delle barriere che sulla promozione dei benefici associati al comportamento target. 

Figura 2. Framework a due dimensioni (barriere vs. benefici) proposto nel Community-Based Social Marketing (fonte: Schultz, 2015).

Questi due processi possono essere rappresentati come fattori separati che favoriscono o impediscono il comportamento: quando i benefici sono elevati, e le barriere sono basse, ci si aspetta che un’elevata percentuale di popolazione metta in atto il comportamento; al contrario, quando le barriere sono alte e i benefici bassi, pochissimi individui metteranno in atto il comportamento desiderato (Schultz, 2015).
Tale modello di comportamento a due fattori (Kaiser, 1998; Kaiser, Midden, & Cervinka, 2008) fonda il framework del CBSM (Figura 2), che propone quindi delle linee guida ben definite rispetto al quando utilizzare gli strumenti per promuovere il cambiamento comportamentale desiderato. Quindi, quali sono questi strumenti e quando devono essere utilizzati?

 

Linee guida per la promozione di comportamenti pro-ambientali

Barriere basse e benefici bassi

In queste situazioni il comportamento target è relativamente semplice da mettere in atto: poche barriere ostacolano la sua messa in atto, ma anche i benefici a esso associati sono pochi. Pertanto, per promuovere il comportamento target, è ragionevole utilizzare strumenti che riescano a incrementare la motivazione ad agire: ad esempio, attraverso l’uso di influenza sociale normativa, ovvero quel fenomeno secondo cui le persone tendono a mettere in atto i comportamenti agiti nei loro gruppi di riferimento (Schultz, Nolan, Cialdini, Goldstein, & Griskevicius, 2007), si possono influenzare molti tipi di comportamenti, quali ad esempio l’abuso di sostanze, il gioco d’azzardo o il littering, nonché ovviamente comportamenti positivi quali quelli pro-ambientali (Goldstein, Cialdini, & Griskevicius, 2008; Schultz et al., 2007; White, Hogg, & Terry, 2002). Infatti, è sufficiente informare un gruppo di individui che altri hanno consumano meno energia elettrica (Nolan, Schultz, Cialdini, Goldstein, & Griskevicius, 2008; Schultz et al., 2007) o riutilizzato più giorni asciugamani in hotel a fini pro-ambientali (Goldstein et al., 2008), per aumentare considerevolmente l’occorrenza di tali comportamenti. Più in particolare, l’effetto delle norme sociali descrittive, cioè quelle basate sull’osservazione del comportamento altrui, è molto importante soprattutto a livello locale, come ampiamente dimostrato anche in Italia: le norme descrittive locali non solo influenzano i comportamenti pro-ambientali (ad esempio il riciclaggio; Carrus, Bonnes, Fornara, Passafaro, & Tronu, 2009), ma sono anche teoricamente e praticamente distinguibili da altri tipi di norme sociali (Fornara, Carrus, Passafaro, & Bonnes, 2011), e pertanto rappresentano un fattore molto importante e specifico da tenere in considerazione per la promozione di specifici comportamenti pro-ambientali.

 

Barriere elevate e benefici bassi

Questa situazione è la più difficile da modificare, poiché il comportamento è difficile da attuare e la popolazione vede pochi benefici nella sua attuazione. In questi casi, aumentare i benefici attraverso l’uso di incentivi contingenti dopo l’occorrenza del comportamento (Schultz, 2015), potrebbe essere una strategia efficace. Per esempio, offrire benefici personali sotto forma di ricompense economiche o di status aumenta l’occorrenza di comportamenti pro-ambientali (De Dominicis, 2014). Allo stesso modo, ma a livello strutturale, promuovere l’ammodernamento di strutture residenziali attraverso incentivi economici incrementa l’efficienza energetica residenziale (Schultz & Kaiser, 2012). Seppur efficaci a breve termine, tali strategie di ricompense fondate su basi motivazionali estrinseche non risultano però efficaci nel lungo periodo: il comportamento target scompare quando la ricompensa viene rimossa, e non vengono quasi mai registrati effetti di spill-over (Nolan & Schultz, 2015). Un’altra strategia che utilizza un incentivo specifico è la competizione tra gruppi (Schultz, 2015), che mostra come esse possano essere uno strumento efficace per la promozione di comportamenti pro-ambientali, ad esempio per incentivare la pratica del riciclaggio (Shrum, Lowrey, & McCarty, 1994). Le competizioni però, promuovendo il comportamento target, possono accentuare i conflitti inter-gruppi (Tajfel & Turner, 1979). Pertanto, per lo sviluppo di programmi d’intervento, si devono tenere in considerazione questi fattori di rischio insiti nell’uso d’incentivi basati su motivazioni estrinseche.

 

Barriere basse e benefici elevati

In tali situazioni, il comportamento target è relativamente facile da mettere in atto e la popolazione è motivata ad agire. È plausibile quindi che una parte sostanziale della popolazione metta già in atto il comportamento desiderato. In questi casi, è appropriato l’utilizzo di materiale informativo e/o educativo. Il problema delle campagne d’informazione però, è che solo raramente esse incrementano la motivazione ad agire (Schultz, 2015): è poco probabile che individui non interessati a un argomento specifico leggano, guardino o ascoltino informazioni relative all’argomento in questione (esposizione selettiva all’informazione). Le campagne d’educazione e d’informazione dovrebbero quindi essere mirate a popolazioni target già motivate ad agire, dove potenziali barriere al comportamento siano già basse (Schultz, 2002).

Simile alla campagna informativa è il feedback, che di fatto è una specifica forma d’informazione data agli individui rispetto un loro comportamento passato.
Il feedback dovrebbe essere accompagnato da uno stimolo motivazionale per poter essere efficace nella promozione di comportamenti pro-ambientali (Goldstein et al., 2008; McKenzie-Mohr et al., 2012; Nolan et al., 2008; Nolan & Schultz, 2015; Schultz et al., 2007). Esemplare è il caso di Opower, società di servizi che, presentando ai suoi clienti un feedback dettagliato sui loro consumi energetici e accompagnandolo con un incentivo motivazionale (influenza sociale normativa), è riuscita a tagliare il consumo elettrico di 15 milioni di abitazioni risparmiando ben 2 Terawatt-ora (TWh) di energia (How behavioral science can lower your energy bill, 2013), una quantità di energia necessaria per rifornire una città di mezzo milione di abitanti.

In altre circostanze invece, l’uso di stimoli pro-memoria o prompt ambientali favorisce la realizzazione del comportamento desiderato. Tali prompt risultano efficaci soprattutto con persone già motivate ad agire, quando promuovono comportamenti semplici, se posizionati vicino l’oggetto del comportamento, o quando enfatizzano la messa in atto di un comportamento corretto (Schultz, 2015). Numerose ricerche hanno dimostrato l’efficacia di tale tecnica nel favorire la conservazione energetica (Oceja & Berenguer, 2009), nel prevenire il littering (De Kort, McCalley, & Midden, 2008), e nel promuovere il riciclaggio (Austin, Hatfield, Grindle, & Bailey, 1993). Un particolare prompt di tipo cognitivo è il cosiddetto foot-in-the-door, secondo cui s’induce una persona a mettere in atto un piccolo comportamento evidenziando come esso rifletta l'atteggiamento positivo della persona verso il problema: ciò fa sì che la persona sia poi disponibile ad attuare un comportamento successivo, congruente col primo, di maggiore impatto o più impegnativo. Tali tecniche sono risultate efficaci ad esempio nel ridurre il consumo d’acqua (Dickerson, Thibodeau, Aronson, & Miller, 1992): chiedendo a delle nuotatrici di firmare di una petizione per sostenere un progetto di conservazione dell’acqua, esse vennero indotte a farsi delle docce più brevi rispetto a coloro a cui la petizione non era stata proposta. Tale studio mostra brillantemente come tecniche basate sulla teoria della dissonanza cognitiva (Festinger, 1957) siano degli strumenti efficaci per far sì che semplici prompt di comportamenti pro-ambientali possano indurre a comportamenti più impegnativi cognitivamente congruenti coi precedenti.

 

Barriere elevate e benefici elevati

In queste situazioni, il comportamento target è difficile da mettere in atto e la popolazione è motivata a farlo. Poiché le persone vedono tale comportamento come importante, è opportuno ridurre le barriere che impediscono l’attuazione del comportamento. Il comportamento umano è funzione dell’interazione tra persona e ambiente (Lewin, 1951): in molti casi però, fattori contestuali rendono praticamente impossibile attuare un comportamento pro-ambientale. Si consideri ad esempio il problema dei rifiuti organici prodotti dai nostri animali domestici. Nonostante varie leggi, campagne di comunicazione, prompts ambientali e via discorrendo, una delle strategie più efficaci per mantenere un parco pubblico pulito e libero da rifiuti animali è proprio quella che prevede l’istallazione di numerose stazioni di smaltimento (Nichols Kearns, 2011). Laddove però i cambiamenti strutturali non siano possibili, una strategia efficace è quella di far prendere un impegno alle persone. Gli individui sono più propensi a mettere in atto un comportamento pro-ambientale quando questo segue un impegno preso in tal senso (Leon & Fuqua, 1995; Werner et al., 1995). Quando viene data la possibilità di esprimere un impegno verso una serie di comportamenti pro-ambientali, per esempio esprimere un sentimento di obbligazione morale verso l’ambiente, gli individui tendono poi successivamente ad attuare comportamenti pro-ambientali sostanziali, come ad esempio utilizzare forme di mobilità sostenibili (Matthies, Klöckner, & Preissner, 2006).

Come è evidente quindi, diversi strumenti e strategie per la promozione di comportamenti pro-ambientali sono efficaci in diverso modo a seconda della popolazione e del comportamento target.

 

Considerazioni pratiche e conclusioni

L’obiettivo principale di questo articolo è quello di definire un framework generale per l’identificazione di linee guida efficaci per la promozione di comportamenti pro-ambientali. Mentre in Psicologia Ambientale un forte accento è stato posto nell’identificare quali siano gli strumenti più utili per tale promozione, ancora poco è stato fatto per spiegare quando l’utilizzo di tali strumenti sia appropriato. Basandosi sul framework del CBSM, si può definire proprio quest’ultima dimensione. La classificazione che risulta dall’intersezione di barriere e benefici associati all’attuazione di un comportamento pro-ambientale fornisce delle linee guida efficaci per la selezione delle strategie utili a promuovere il cambiamento comportamentale desiderato (Schultz, 2015).

Quando nella popolazione si riscontrano bassi livelli motivazionali, le strategie e gli strumenti più efficaci prevedono l’uso d’incentivi, competizioni e influenza sociale normativa. Ad esempio, in un recente studio condotto in California, ai partecipanti è stato dato un piccolo display della grandezza di uno smartphone che mostrava in tempo reale (tramite connessione wireless) il consumo energetico della casa. Tale informazione era accompagnata dal costo orario medio di tale consumo energetico, oppure dalla media del consumo energetico degli altri partecipanti (principalmente erano case dello stesso quartiere), oppure da nessun’altra informazione: ebbene, confermando il potere persuasivo delle norme sociali, quando il consumo energetico casalingo è comparato al consumo energetico dei vicini, tale consumo diminuisce in maggior misura rispetto alle altre condizioni sperimentali, nonostante i partecipanti credano che il consumo diminuisca maggiormente se accompagnato dall’informazione relativa al suo costo (Schultz, Estrada, Schmitt, Sokoloski, & Silva-Send, 2015). Invece, se il livello motivazionale è elevato, cambiamenti strutturali per facilitare l’occorrenza del comportamento, campagne educative e di feedback, e prompts ambientali o cognitivi, sembrano essere le strategie più efficaci a produrre il cambiamento desiderato. Figura 4. Esempio di prompt ambientale efficace nell’incentivare il riciclaggio.Ad esempio, durante una campagna di sensibilizzazione al riciclaggio in due università della Florida, è stato dimostrato che l’utilizzo di prompts ambientali è molto efficace nell’aumentare il riciclaggio (Austin et al., 1993), purché tali prompts (a) presentino una richiesta chiara e specifica (“Materiale NON riciclabile”, “Carta”, “Cartucce stampanti”), (b) siano molto vicini al luogo in cui gli individui debbano mettere in atto il comportamento richiesto (direttamente sopra il cestino) e (c) richiedano comportamenti facili da mettere in atto (il contenitore “Cartucce stampanti” posizionato di fianco la stampante). Benché queste possano sembrare indicazioni intuitive, rappresentano una condizione necessaria per la messa in atto di comportamenti pro-ambientali (Figura 4).

Sebbene il framework proposto fornisca delle linee guida chiare ed efficaci per promuovere un cambiamento comportamentale positivo, ed anche degli esempi concreti di applicazioni efficaci di tali linee guida, esistono delle importanti implicazioni pratiche da tener presente per la definizione finale del programma d’intervento (Schultz, 2011, 2015): in primo luogo l’impatto del trattamento deve essere massimizzato su larga scala, e deve tenere in considerazione i costi relativi a materiali, implementazione pratica del progetto e forza lavoro; in secondo luogo, è fondamentale tenere in considerazione l’importante bilanciamento tra riduzione delle barriere e aumento dei benefici associati al comportamento target, ponderando quindi la scelta su dove intervenire; infine, si deve considerare l’obiettivo temporale dell’intervento: se l’intervento proposto si pone come un’attività che si intende svolgere una sola volta (per esempio un evento di pulizia collettiva di una spiaggia), allora proporre una competizione o un contest produrrebbe una risposta comportamentale importante; si deve però tenere a mente che tali strategie, poiché fondate su motivazioni tipicamente estrinseche, non sono efficaci per programmi la cui implementazione è prevista a lungo termine, per i quali sarebbe preferibile puntare su strategie basate su motivazioni intrinseche (Ryan & Deci, 2000).

In conclusione, se da un lato la Psicologia Ambientale fornisce la teoria, gli strumenti pratici e le strategie per promuovere un cambiamento comportamentale verso un futuro incentrato sulla sostenibilità (Schultz & Kaiser, 2012), dall’altro lato il CBSM propone un framework per individuare quando tali strumenti debbano essere usati.
In tutto il mondo, gli psicologi ambientali vengono sempre più spesso inseriti in task forces mirate all’implementazione di programmi d’intervento per la promozione di comportamenti pro-ambientali (Schultz, 2015). Adottando un approccio basato sul CBSM e implementando quegli strumenti emersi in quasi trent’anni di ricerca, gli psicologi ambientali possono fornire una serie di insights, conoscenze teoriche, raccomandazioni, linee guida, strumenti e strategie per l’attuazione di programmi d’intervento efficaci per la transizione verso un futuro sostenibile

 

Glossario

Community-Based Social Marketing (CBSM). Il CBSM rappresenta quel processo di intervento a livello sociale per la promozione di comportamenti desiderabili. Esso è definito community-based poiché il processo di definizione dell’intervento stesso parte proprio dalla comunità dove l’intervento verrà attuato: il CBSM è quindi quel processo che applica principi e tecniche di marketing per creare, comunicare, e produrre valore in modo da influenzare i comportamenti della popolazione target, i quali beneficeranno sia la popolazione target che la società più in generale; esso enfatizza quindi sia la comprensione di ciò che impedisce e/o motiva la popolazione target ad agire, che l’importanza di testare prima su piccola scala il programma d’intervento da attuare per poi realizzare l’intervento stesso su larga scala.
Comportamento pro-ambientale. Con il termine comportamento pro-ambientale (pro-environmental behavior) si intende un comportamento (e tutta la classe di comportamenti) che riduce o minimizza l’impatto che un individuo ha sul mondo naturale e costruito (Kollmuss & Agyeman, 2002). Esempi di comportamenti pro-ambientali sono: utilizzare mezzi di trasporto non inquinanti (e.g., bicicletta), riciclare, minimizzare il consumo energetico o evitare spechi d’acqua.
Effetto di spill-over. L’effetto di spill-over (letteralmente, traboccare) si riferisce alla probabilità che l’incoraggiamento di un certo tipo di comportamento o la sua attuazione, portino successivamente all’attuazione di altri comportamenti simili o collegati al precedente (Evans et al., 2013): ad esempio l’attuazione di un comportamento pro-ambientale (riciclaggio) può “traboccare” nell’attuazione di altri comportamenti pro-ambientali (conservazione energetica).
Psicologia Ambientale. La Psicologia Ambientale studia l’influenza reciproca tra individui e ambienti naturali e costruiti. Ciò include lo studio di variabili, azioni e interventi atti a promuovere o ridurre i comportamenti di sostenibilità o pro-ambientali. Inoltre, ciò include lo studio degli effetti ristorativi o stressanti che la natura e gli ambienti naturali hanno sugli individui. Così come include lo studio di quelle influenze reciproche tra individui e ambienti, come lo sviluppo di attaccamento al luogo o identità di luogo. Così come anche include lo studio dell’interazione tra individui e ambienti virtuali. Ogni aspetto dell’esistenza umana si svolge in degli ambienti specifici, e lo studio di tali interazioni è l’obiettivo della Psicologia Ambientale.
Comportamento end-state. Un comportamento end-state e non divisibile è un comportamento finale e definitivo che non può essere scomposto in altre azioni minori. Ad esempio, per diminuire il consumo di elettricità, spegnere l’aria condizionata di notte è un comportamento end-state e non divisibile in comportamenti più specifici perché risulta direttamente in una riduzione del consumo di elettricità; al contrario, acquistare un condizionatore a basso consumo non è di per sé un comportamento end-state indivisibile perché l'acquisto non si traduce direttamente in un minor consumo di elettricità.

 

Bibliografia

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