Keywords: percezione sociale; calore; competenza; stereotipi; pregiudizi
Comprendere ciò che ci circonda è fondamentale per la sopravvivenza di noi esseri umani. Abbiamo bisogno di prendere decisioni, fare scelte, rispondere e comportarci in maniera adeguata alle situazioni nelle quali ci troviamo, il tutto in un ragionevole lasso di tempo. Ma non siamo computer e il mondo, in particolare quello sociale, è estremamente complesso. Per tale ragione, la mente umana ha escogitato i suoi modi per riuscire a dare un senso all’ambiente sociale. Questo articolo si concentrerà su come gli individui percepiscono altri individui, ovvero, sulla percezione sociale (si veda glossario).
Provate a pensare a tutte le volte che avete incontrato una persona per la prima volta. Probabilmente, una delle prime cose che avete tentato di fare è inquadrare che tipo fosse. Come sottolineato da Susan Fiske (2012), dal punto di vista evoluzionistico è utile potersi formare un giudizio sociale in tempi rapidi. Le persone hanno bisogno di capire chi avvicinare e chi evitare a seconda dei propri scopi. Quali sono dunque gli aspetti ai quali prestiamo maggiormente attenzione per poter arrivare a tale giudizio? La ricerca in psicologia sociale ne indica due: Calore e competenza. Con calore si intendono tutti quegli aspetti di una persona che rispecchiano amichevolezza, socievolezza, sincerità, buone intenzioni, fiducia. La competenza si esprime invece nei termini di intelligenza, abilità, capacità, creatività, efficacia. Secondo Fiske e collaboratori (Fiske, Cuddy, Glick, & Xu, 2002) calore e competenza sono dimensioni fondamentali del giudizio sociale poiché rispondono a due domande fondamentali che ci si pone quando si entra in interazione con persone sconosciute: È un amico o un nemico? (calore); è in grado di danneggiarmi? (competenza). In altre parole, ci interessa comprendere le buone o cattive intenzioni di chi ci sta di fronte e la sua capacità di metterle in atto.
Queste due dimensioni, sebbene indicate con nomi diversi, ricorrono in più di mezzo secolo di ricerca in psicologia. Già nel 1946 Solomon Asch, nel suo pionieristico studio volto ad indagare la formazione delle impressioni, dimostrava come descrivere un’ipotetica persona come “calorosa” o “fredda” (mantenendo costanti una serie di altre caratteristiche) influenzasse l’impressione che di tale persona i partecipanti si sarebbero formati. Successivamente, Rosenberg e collaboratori (Rosenberg, Nelson, & Vivekanathan, 1968), esaminando i punteggi attribuiti a descrizioni di personalità, evidenziavano due dimensioni fondamentali: Intellettuale buono/cattivo (competenza) versus sociale buono/cattivo (calore). Altri autori hanno parlato di agency versus communion (Bakan, 1966), di tratti vantaggiosi per il sé (sicuro di sé, ambizioso, pratico, intelligente) versus tratti vantaggiosi per gli altri (conciliante, tollerante, affidabile; Peeters & Czapinsky, 1990), di competenza versus moralità1 (Wojciszke, 1994, 2005).
Qualunque sia l’etichetta, calore e competenza sono considerate le due dimensioni fondamentali del giudizio sociale (Fiske, Cuddy, & Glick, 2007), attorno alle quali si organizza la percezione sociale di singoli individui, gruppi (etnici, religiosi, di genere), intere nazioni e addirittura marchi di prodotti e servizi.
Calore e Competenza nella Percezione degli Individui
A questo punto molti lettori staranno pensando a quanti altri tratti, non riconducibili a calore e competenza, utilizzino solitamente per descrivere le persone che incontrano. È sicuramente vero, ma nessuno di questi influenza le impressioni che ci formiamo degli altri tanto quanto calore e competenza. La ricerca empirica ha infatti mostrato che queste due dimensioni insieme determinano oltre l’80% delle impressioni positive o negative (Wojciszke, 1994; Wojciszke, Bazinska, & Jaworski, 1998).
Inoltre, tali dimensioni sembrano essere rilevanti in tutte le culture. Ybarra e colleghi (2008) hanno chiesto a dei valutatori di classificare sulla base di calore (communion) e competenza (agency) le “pratiche universali” di Brown (1991), ovvero un elenco di 372 pratiche osservate da numerosi antropologi in una grande varietà di culture in tutto il mondo (ad es., pratiche universali per communion: Stabilire relazioni tra sé e gli altri, generosità, empatia; per agency: Mappe mentali, memoria, pratiche per migliorare le proprie abilità). I risultati mostrano che la maggioranza delle pratiche universali (66%) viene classificata come legata a una dimensione o all’altra o ad entrambe.
Ma cosa vuol dire giudicare un individuo come caloroso e/o competente? La dimensione del calore si lega a quanto ci piace la persona che stiamo valutando, mentre la competenza si lega al rispetto verso tale target (Wojciszke, Abele, & Baryla, 2009). Quindi, un individuo percepito come caloroso piace, mentre uno percepito come freddo è antipatico; se è percepito come competente è rispettato, ma non lo è se percepito come incompetente. Combinando le due dimensioni possiamo dunque provare verso un target simpatia e rispetto, antipatia e mancanza di rispetto, oppure un individuo può piacerci ma non godere del nostro rispetto, così come lo si può rispettare pur giudicandolo antipatico.
Tuttavia, è importante sottolineare che il calore sembra giocare un ruolo più centrale nella percezione sociale. È stato infatti dimostrato che gli osservatori interpretano il comportamento altrui più nei termini di calore che di competenza (Wojciszke, 1994), che il calore è più importante quando si valuta il comportamento degli altri (Abele & Wojciszke, 2007), che le persone percepiscono il calore di qualcuno più rapidamente rispetto alla competenza e che ciò avviene in una frazione di secondo (Willis & Todorov, 2006). Questa centralità del calore rispetto alla competenza è stata spiegata principalmente come funzionale: Capire se le intenzioni di una persona sono buone o cattive è prioritario rispetto a comprenderne la capacità di metterle in atto. Per tale ragione, Cuddy, Kohut e Neffinger (2013) hanno recentemente sottolineato come il canale migliore per esercitare influenza sugli altri sia proprio il calore in quanto, facilitando la fiducia, facilita la comunicazione e l’assorbimento delle idee, e aiuta dunque a connettersi con chi ti circonda.
Ciò nonostante, anche la persona da valutare e la situazione nella quale ci troviamo incidono sulla prevalenza di una o dell’altra dimensione. Per esempio, nella valutazione di noi stessi, gli aspetti relativi alla competenza sono più rilevanti e Wojciszke (2005) suggerisce che quanto più il target da valutare è vicino al sé, tanto più la valutazione sulle due dimensioni sarà simile alla percezione di sé: La competenza diventa più rilevante rispetto al calore (Abele & Wojciszke, 2007). Le ricerche mostrano infatti che il calore è la dimensione più importante quando si valutano persone distanti da noi, ma che tale pattern è invertito quando valutiamo noi stessi o persone molto vicine al nostro sé2 (Wojciszke & Abele, 2008; cfr. Brambilla, Sacchi, Castellini, & Riva, 2010 sul ruolo di competenza e calore nella valutazione di diversi tipi di professionisti).
Calore e Competenza nella Percezione dei Gruppi
Comprendere le intenzioni degli altri e la loro abilità nel perseguirle è un compito rilevante anche quando ci si deve formare un’opinione di gruppi sociali. Un nemico incompetente risulta meno minaccioso di uno competente, e un alleato incapace offre meno vantaggi rispetto ad alleati abili e preparati. Per tale ragione calore e competenza appaiono con sistematica regolarità anche nei giudizi relativi ai gruppi sociali e sono considerate le dimensioni attorno alle quali si organizza il contenuto degli stereotipi (Fiske et al., 2002; si veda glossario). Combinando le due dimensioni si può ottenere una mappa degli stereotipi associati ai gruppi sociali. Numerosi studi condotti nell’ambito del Modello del Contenuto degli Stereotipi (SCM; Fiske et al., 2002) hanno evidenziato che gli stereotipi sociali solitamente si distribuiscono in quattro raggruppamenti (o cluster, si veda glossario): I gruppi ai quali si appartiene (ingroup) vengono generalmente valutati positivamente su entrambe le dimensioni, quelli di cui non si è membri, gli outgroup, possono invece essere oggetto di valutazioni negative su entrambe le dimensioni, oppure di valutazioni miste (o ambivalenti), vale a dire calorosi ma non competenti, competenti ma non calorosi. Per cui, per esempio, quando a un gruppo di studenti italiani viene chiesto di valutare i gruppi sociali presenti in Italia nei termini di calore e competenza, si trova che il gruppo “studenti” viene valutato come caloroso e competente (ingroup), i politici come privi di calore e incompetenti, gli anziani come calorosi ma poco competenti e i mafiosi come capaci ma decisamente non calorosi (Durante, 2008).
Studi cross-culturali condotti in 25 paesi nei cinque continenti hanno corroborato il ruolo giocato dalle due dimensioni nel formare il contenuto degli stereotipi sociali, mostrando inoltre, con qualche eccezione, la presenza dei cluster sopra indicati (Cuddy et al., 2009; Durante et al., 2013). Anche se in ogni paese i partecipanti valutavano i propri gruppi sociali, è interessante notare come alcuni di essi, comuni alla maggior parte delle società, siano stati valutati in modo analogo. Gli immigrati, ad esempio, sono costantemente percepiti come non competenti e freddi; gli anziani, i bambini e i disabili come non competenti ma calorosi; i ricchi, al contrario, come capaci ma freddi.
Indagini condotte su dati d’archivio hanno rilevato la presenza di tali dimensioni anche nelle descrizioni dei gruppi in epoca fascista (Durante, Volpato, & Fiske, 2010; Volpato, Durante, & Cantone, 2007). Le analisi del contenuto, effettuate su articoli pubblicati sulla rivista fascista La Difesa della Razza, hanno evidenziato una descrizione dell’ingroup (gli italiani) come dotato di caratteristiche positive sia per ciò che concerne la competenza (intelligenti, lavoratori, portatori di civiltà) che per il calore (allegri, artisti, con doti sociali positive), e descrizioni degli outgroup come interamente negative su entrambe le dimensioni (ad es., stupidi e disonesti per ciò che concerne neri e meticci) o ambivalenti (ad es., capaci e astuti, ma pericolosi e avidi per ciò che concerne ebrei e inglesi).
Competenza e calore si ritrovano anche nel modo in cui percepiamo intere nazioni. Cuddy et al. (2009) hanno indagato come gli europei percepiscono i diversi paesi dell’Unione Europea e i risultati hanno mostrato come la Germania, ad esempio, sia considerata competente, ma fredda, mentre il Portogallo come caloroso ma poco competente.
Recentemente, calore e competenza sono stati addirittura utilizzati per indagare la percezione che gli individui hanno di marchi di prodotti e servizi. Poiché un numero sempre crescente di ricerche suggerisce che i consumatori si relazionano con i marchi in modi analoghi a come si relazionano con le persone, Kervyn, Fiske e Malone (2012) hanno proposto un nuovo modello (Brands as Intentional Agents Framework; BIAF) per indagare la percezione che i consumatori hanno di alcuni marchi nei termini di percezione sociale. Invece di utilizzare tratti di personalità come caloroso e competente, le due dimensioni sono state indicate con “intenzioni” e “capacità,” quindi una serie di aziende sono state valutate sulla base delle loro buone o cattive intenzioni e capacità di realizzarle. Il BIAF comprende anche emozioni e comportamenti, ma in questa sede ci concentreremo solo sui risultati concernenti le due dimensioni. I dati hanno mostrato che 16 marchi noti ai consumatori si sono distribuiti similmente a come si distribuiscono i gruppi nella mappa di competenza e calore. I quattro marchi più popolari (ad es., Johnson & Johnson) si sono raggruppati nel cluster ‘ben intenzionato’ (calore) e ‘capace’ (competenza); i quattro marchi di lusso (ad es., Rolex) sono finiti invece nel raggruppamento ‘cattive intenzioni ma capace’; i quattro marchi che necessitano di finanziamenti pubblici (ad es., Public Transportation) sono stati valutati come ‘ben intenzionati ma incapaci’; infine, nel cluster ‘malintenzionati e incapaci’ sono finiti i marchi problematici, ovvero, marchi che hanno ricevuto una stampa negativa nel recente passato (ad es., AIG, una società di assicurazione statunitense).
Come per la percezione di singoli individui, anche la percezione dei gruppi risente del contesto nel quale la valutazione avviene. I primi lavori concernenti la percezione delle persone evidenziavano che quando una persona veniva valutata positivamente su una dimensione, veniva valutata positivamente anche sull’altra (un fenomeno noto in psicologia sociale come effetto alone; Rosenberg et al., 1968). Tuttavia, come sottolineato da Judd, James-Hawkins, Yzerbyt e Kashima (2005), in queste ricerche i target venivano valutati uno alla volta. Invece, esprimere valutazioni in contesti comparativi fa emergere un fenomeno diverso, noto come processo di compensazione (Judd et al., 2005). In altre parole, percepire un gruppo (o un individuo) come migliore di un altro su una delle due dimensioni porta a compensare tale valutazione sull’altra dimensione: Dunque, un gruppo può essere caloroso o competente, ma non entrambe le cose. Secondo gli autori, quando due gruppi (o individui) vengono messi a confronto, l’idea che ci debbano essere buone qualità in tutti è ciò che sottende tale compensazione (vedi Kervyn, Yzerbyt, & Judd, 2010, per una rassegna).
Come si Legano Calore e Competenza a Pregiudizio e Discriminazione?
Combinazioni diverse di calore e competenza elicitano anche emozioni diverse. Come già detto, calore e competenza si legano a quanto ci piace e rispettiamo un determinato target. Così, un gruppo valutato positivamente su entrambe le dimensioni suscita in noi sentimenti di ammirazione e orgoglio (soprattutto se si tratta dell’ingroup), ma gruppi stereotipizzati in modo negativo su entrambe le dimensioni suscitano disprezzo e disgusto (Fiske et al., 2002), e possono arrivare ad essere valutati come meno umani rispetto ad altri gruppi (Harris & Fiske, 2006).
Come detto, però, molte categorie sociali ricevono valutazioni miste, e i gruppi valutati come calorosi ma non competenti solitamente sono visti in modo benevolo perché inoffensivi, elicitando sentimenti di pietà e compassione. Al contrario, gruppi percepiti come competenti ma privi di calore sono rispettati per la loro competenza ma temuti per l’assenza di calore, suscitando sentimenti di invidia e gelosia. Il contenuto degli stereotipi unito alle emozioni dà luogo a diverse forme di pregiudizio (si veda glossario): Pregiudizio di ammirazione, di disprezzo, paternalistico e invidioso (Fiske et al., 2002).
Probabilmente sarete sorpresi dall’apprendere che possano esistere pregiudizi “positivi,” mentre non vi sarà difficile comprendere i pregiudizi “negativi.” Ma come considerare quelli ambivalenti? Apparentemente, stereotipizzare un gruppo attribuendogli caratteristiche positive su una delle due dimensioni non sembra tanto biasimevole. Due esempi storici estremi ci aiuteranno a comprenderne invece l’insidiosità.
La schiavitù è ritenuta l’esempio emblematico del pregiudizio paternalistico: Generalmente considerati stupidi, gli schiavi venivano trattati come fossero animali verso i quali non si provava rispetto ma, finché si conformavano al ruolo loro assegnato, venivano guardati con pietà. In questo tipo di sistema, la vicinanza fisica ed emozionale poteva essere comune tra i dominanti e i subordinati (si pensi alle balie di colore che allevavano i ragazzi bianchi), ma caratterizzare questi ultimi come incapaci, stupidi e incompetenti favoriva il mantenimento del sistema e serviva come giustificazione dello stesso, riducendo anche la resistenza del gruppo subordinato ad essere sfruttato (Jackman, 1994).
L’antisemitismo, invece, è l’esempio estremo del pregiudizio di invidia. La propaganda nazista e fascista ritraeva gli ebrei come particolarmente competenti, astuti e scaltri (cfr. Capozza & Volpato, 2004; Durante et al., 2010). La loro competenza, unita alla percezione di intenzioni malevole, li rendeva però un nemico particolarmente temuto e le attribuzioni concernenti la mancanza di calore giustificavano la paura e l’insicurezza provata. Questo tipo di stereotipi serve a giustificare le forme più dure di discriminazione e violenza (ad es., il genocidio), che vengono considerate come forme di autodifesa (Glick, 2005; Glick & Fiske, 2001).
Come detto, sono esempi estremi. Ciò che è importante sottolineare, tuttavia, è che dire che gli ebrei sono bravi col denaro, gli asiatici con la matematica, o che i neri “hanno il ritmo nel sangue” non è fare un complimento. Uno degli elementi più insidiosi degli stereotipi ambivalenti consiste proprio nel fatto che gli aspetti positivi dello stereotipo mascherano quelli negativi ed è ciò che riduce le resistenze dei gruppi stereotipizzati: I membri di tali gruppi sentono di essere socialmente apprezzati in un modo o in un altro (calore o competenza) e ciò probabilmente scoraggia i tentativi di cambiamento dello status quo. Quello che gli stereotipi ambivalenti offrono è l’illusione che tutti posseggano qualcosa di positivo, sebbene severe disparità socio-economiche e di trattamento permangano tra i gruppi sociali (cfr. Durante et al., 2013).
Conclusione
Questo articolo evidenzia quanto e come calore e competenza, due tratti umani apparentemente universali, guidino la nostra percezione degli altri. La coerenza e persistenza con la quale queste dimensioni emergono negli studi psicosociali suggerisce che esse svolgano un ruolo nella sopravvivenza degli esseri umani. Se qualcuno entra nel nostro ufficio, si avvicina in un vicolo buio, si siede accanto a noi in autobus, abbiamo bisogno di capire il prima possibile se questo individuo può essere una minaccia e se è in grado di mettere in atto le proprie intenzioni. Le nostre percezioni sul calore e la competenza di quell’individuo rispondono a tali necessità e sono pertanto considerate aspetti duraturi, fondamentali ed evoluti della percezione sociale. Sia che ci si situi a livello individuale (sé versus altri; attore versus osservatore) che a livello intergruppi (ingroup versus outgroup), calore e competenza organizzano e informano ciò che altrimenti potrebbe sembrare una miscellanea arbitraria e travolgente di immagini di persone. Inoltre, a livello di gruppo, particolari combinazioni delle due dimensioni hanno distinti pattern emotivi e comportamentali, che possono mettere in pericolo relazioni costruttive.
Concludendo, che si stia valutando il nostro vicino di casa o un gruppo sociale particolarmente saliente, le percezioni di calore e competenza incideranno sul nostro futuro individuale e collettivo.
Note a piè di pagina
1. A volte calore e moralità sono trattate come costrutti distinti (per un approfondimento si veda Leach, Ellemers, & Barreto, 2007), oppure moralità e socialità vengono considerate come due sotto-componenti della dimensione calore (per un approfondimento si veda Brambilla, Rusconi, Sacchi, & Cherubini, 2011). In linea con i lavori di Fiske e collaboratori, qui si considera il calore come un unico costrutto, più ampio, relativo alle interazioni sociali.
2. Dal punto di vista evoluzionistico o socio-funzionale, le persone sono interessate ad un efficace perseguimento dei propri obiettivi e a relazioni benevole con gli altri (Abele & Wojciszke, 2007). Riprendendo la formulazione di Peeters & Czapinsky (1990), Wojciszke e Abele (2008) sottolineano come Communion (calore) sia una dimensione “vantaggiosa per gli altri” poiché altre persone (ad esempio, i destinatari delle azioni) beneficiano direttamente di caratteristiche quali gentilezza, disponibilità, onestà, mentre sono danneggiate dalle caratteristiche opposte. Nella stessa ottica, Agency (competenza) rispecchia qualità vantaggiose per il sé perché sono immediatamente gratificanti per la persona che agisce. Quando si osserva il comportamento degli altri ci si focalizza sulle conseguenze di tale comportamento (può danneggiarmi?); in tal senso, si assume la prospettiva di chi riceve l’azione ed è per tale ragione che la dimensione del calore è più centrale rispetto alla competenza. Tuttavia, volendo entrare nel merito di chi siano gli “altri,” Wojciszke e Abele (2008) sottolineano come costoro possano essere legati al sé in modo diverso (vicino versus lontano): quanto più una persona è vicina al sé o interdipendente con il sé, tanto più la sua valutazione sulle due dimensioni assomiglierà alla percezione di sé. L’interdipendenza sociale emerge quando le persone condividono obiettivi comuni e quando i risultati di ciascuno sono influenzati dalle azioni degli altri (Rusbult & van Lange, 2003). È frequente nelle relazioni strette, nel lavoro e nelle attività sportive di squadra, o quando una persona svolge una funzione strumentale per un altro (ad es., cliente-avvocato o paziente-medico). In tali contesti, la competenza di una persona può diventare vitale per il raggiungimento degli obiettivi di un individuo tanto quanto la competenza dell’individuo stesso. E' in questi casi che la competenza diviene più centrale rispetto al calore (Wojciszke & Abele, 2008).
Glossario
Cluster. Il termine inglese cluster viene utilizzato prevalentemente in ambito scientifico e tecnico e indica generalmente un gruppo di unità simili o vicine tra loro, dal punto di vista della posizione o della composizione.
Percezione Sociale. La Percezione sociale è quella parte della percezione che permette alle persone di capire le altre persone nel loro mondo sociale. Ci consente dunque di esprimere giudizi e impressioni su altre persone.
Pregiudizio. Si ha un pregiudizio quando si ha un’emozione, un’opinione, una valutazione negative di un individuo basandosi unicamente sull’appartenenza di gruppo di tale individuo.
Stereotipi. Sono immagini relativamente statiche che possediamo di varie categorie di persone. Quando utilizziamo gli stereotipi per esprimere un’opinione su un gruppo sociale tendiamo ad attribuire una serie di tratti e caratteristiche a tutti i suoi membri senza considerare le variabilità individuali.
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