La pandemia COVID-19 ha posto la comunità internazionale di fronte a una colossale sfida non solo sanitaria, ma anche economica, psicologica e sociale. Nella gestione della pandemia e salvaguardia della salute pubblica, comunicare in modo efficace si è rivelato tanto cruciale quanto complesso.Come noto in letteratura, la comunicazione del rischio in momenti di emergenza sanitaria si configura come fondamentale strumento di prevenzione, in grado di promuovere comportamenti salubri e salvare vite umane.
Un’ampia letteratura scientifica ha dimostrato che eccessive disuguaglianze di reddito e ricchezza, sono associate a peggiori indicatori di benessere e salute e ad una moltitudine di problemi di tipo psicosociale, economico e sanitario (Wilkinson & Pickett, 2009). Attualmente la disuguaglianza ha raggiunto livelli estremamente perniciosi a causa dei processi di neoliberalizzazione e globalizzazione del mercato iniziati alla fine degli anni 70.
L’esplosione della pandemia di Covid-19 ha messo tutti noi di fronte a nuove incertezze, forzandoci a convivenze prolungate o a faticose distanze. Il Covid-19 ha messo tutti alla prova nella gestione dell’emergenza, tra cautele individuali, raccomandazioni sanitarie, decreti governativi e la più o meno precaria gestione del nostro benessere psicologico.
L’emergenza sanitaria e le relative misure di sicurezza stanno mettendo duramente alla prova l’equilibrio psicologico degli italiani e ciò può comportare forme di disagio che spaziano dalla psicopatologia a crisi nei rapporti interpersonali.
Tra le insorgenze psicopatologiche più comuni assistiamo ad attacchi di panico scambiati per crisi respiratorie, forme fobiche – ossessive sul tema contagio con compulsioni alla pulizia, depressioni, ansia generalizzata, sintomi post – traumatici.
Stamattina, come sto facendo da un po’ di tempo, ho fatto la mia lezione virtuale di Psicologia sociale per gli studenti del primo anno di Scienze della Comunicazione. Spiegavo il modello euristico-sistematico (Chaiken 1980) che suggerisce che in un mondo denso di informazioni, molte più di quante ciascuno di noi possa prendere in considerazione, in alcune condizioni attiviamo delle scorciatoie di pensiero, le cosiddette euristiche.
In questi giorni complessi di quarantena, spesso abbiamo visto scorrere nei media italiani immagini di persone che fanno jogging o che affollano i parchi nonostante le indicazioni di restare a casa. Abbiamo bene in mente le immagini delle persone meridionali nelle stazioni ferroviarie di Milano che si sono riversate in massa nelle regioni del sud per raggiungere la propria famiglia. La descrizione mediatica colma di disapprovazione, così come la reazione ridicolizzante e sprezzante che ne è seguita, è altrettanto nota.
In questo periodo la maggior parte delle persone in Italia sta cercando, con notevoli sforzi, di attenersi alle indicazioni fornite dal governo per il contenimento dell’epidemia di corona virus. Si sono però riscontrate numerose trasgressioni da parte di singoli o gruppi che, per ragioni più o meno comprensibili, hanno ignorato bellamente queste indicazioni.
Non c’è film apocalittico hollywodiano che si rispetti senza la scena dove i componenti dell’equipaggio fuggono in preda al panico, e a causa della propria reazione esagerata e della mancanza di razionalità finiscono per causare la propria rovina. Di certo il panico non si trova solo nei film e nei romanzi. Il panico domina i reportage dei media nel descrivere i comportamenti delle persone durante le calamità . L’epidemia di coronavirus in corso non fa eccezione, basti pensare al “panico dell’acquisto”.