Articolo tradotto da Carlo Tomasetto
Le bugie nere, cioè dire il falso per ottenere un vantaggio per sé, sono universalmente condannate. Al contrario le bugie bianche, cioè mentire per far piacere o per non urtare la sensibilità di un’altra persona, sono viste come una parte innocente delle interazioni quotidiane. Questo significa che non hanno conseguenze negative? In questo articolo le autrici discutono le origini e le conseguenze delle bugie bianche e delle bugie nere, facendo emergere anche il lato nascosto delle bugie bianche.
Nella vita di tutti i giorni le persone a volte dicono “bugie nere”, e a volte “bugie bianche”. Per entrambi i tipi di bugie (o inganni1), colui che mente fornisce informazioni ingannevoli a un’altra persona o al gruppo che viene ingannato [1]. Tuttavia esiste una profonda differenza tra bugie bianche e bugie nere: attraverso le bugie nere, chi mente cerca di ottenere qualcosa a spese dell’ingannato. In altre parole, chi mente sfrutta l’ingannato per il proprio interesse. Un tipico esempio è il caso del venditore di auto usate che mente al cliente sulle condizioni delle auto in vendita. Per quanto riguarda le bugie bianche il quadro appare diverso: colui che inganna dice una bugia per far piacere all’ingannato, usando il cosiddetto inganno affiliativo. Ad esempio, la maggior parte di noi ha detto a qualche amico/a che sta benissimo con il suo nuovo taglio di capelli per compiacere o per non irritare l’amico/a, quando in tutta sincerità il taglio non gli/le piaceva affatto. Questo tipo di inganno motivato da ragioni affiliative implica che si menta per preservare o migliorare una relazione, o per rendere felice l’ingannato dicendogli le parole che presumibilmente vuole sentirsi dire.
È evidente che nei due casi l’inganno nasce da motivazioni differenti, e per questo comporta di solito disapprovazione nel caso delle bugie nere, e approvazione nel caso delle bugie bianche. Ma è poi vero che le bugie bianche siano così desiderabili e prive di conseguenze negative? In questo articolo sottolineiamo come anche le bugie bianche possano produrre un danno proprio perché le persone le utilizzano per migliorare le relazioni e l’affiliazione reciproca. Nello specifico, quando perseguono motivi affiliativi – cioè vogliono migliorare le relazioni tra loro - le persone tendono a essere d’accordo con tutte le domande e le affermazioni dei partner. Perciò, l’affiliazione distorce il comportamento di risposta anche a domande prive di particolari implicazioni e anche nei casi in cui quella risposta non porti alcun guadagno o vantaggio. Questa distorsione sistematica nelle risposte può ad esempio alterare le risposte a questionari relativi alla salute, alle opinioni politiche, o addirittura le dichiarazioni di un testimone oculare durante un interrogatorio: in altre parole, le bugie bianche possono causare un danno riducendo l’efficacia di politiche pubbliche o di salute decise sulla base delle risposte a quei questionari, o portare all’incriminazione di innocenti sulla base di testimonianze distorte per compiacere chi conduceva l’interrogatorio. A supporto di queste affermazioni, procederemo in primo luogo a una rassegna delle motivazioni sottostanti alle bugie bianche e a quelle nere, e successivamente illustreremo come la ricerca sulla prevenzione delle bugie nere possa essere anche utile per la prevenzione delle conseguenze negative delle bugie bianche.
Le bugie nere
L’inganno è estremamente comune non solo tra gli umani, ma anche tra gli altri animali. Ad esempio, è stato dimostrato che le scimmie spesso non si limitano a sottrarre con la forza il cibo a partner più deboli, ma utilizzano anche tecniche di inganno per farlo. Quando hanno la possibilità di rubare del cibo attraverso un’apertura opaca oppure una trasparente, spesso scelgono di utilizzare quella opaca in modo che il competitor non possa accorgersi della loro azione [2, 3]. Questi comportamenti sono un esempio di inganno a scopo predatorio o di sfruttamento dell’altro, in quanto le scimmie scelgono deliberatamente di trarre in inganno l’altro per un proprio beneficio (ad esempio l’accesso a cibo più gustoso). Ma cosa determina che le persone (e le scimmie) mettano in atto oppure no simili comportamenti?
Un fattore ovvio che determina se le persone decidono di ingannare qualcun altro è il fatto che pensino di poter essere scoperti [4]. Ad esempio, basse probabilità di essere scoperti aumenta il tasso di evasione fiscale da parte dei contribuenti [5, 6]. Si tratta di un comportamento razionale, in quanto l’essere scoperti riduce il potenziale guadagno che l’evasore può aspettarsi. Immaginiamo il caso del venditore di auto usate che valuta se mentire o no sul numero di incidenti avuti da una vettura per spuntare un prezzo di vendita più alto (cioè un guadagno). Se la bugia può essere scoperta facilmente (ad esempio se l’auto presenta bolli o graffi), la probabilità di vendere l’auto diminuisce. Di conseguenze, il venditore sceglierà di essere onesto.
Un’assunzione di senso comune è che, razionalmente, mentire per un guadagno alto piuttosto che per unno basso, è più vantaggioso. Sorprendentemente, tuttavia, non è questo ciò che la ricerca psicologica dimostra. Le persone sembrano ingannare con la stessa frequenza sia quando possono ottenere alti così come bassi guadagni [7, 8, 9]. La ricerca suggerisce che l’inganno non dipende solo da guadagni materiali, ma anche dai costi psicologici che l’inganno comporta per colui che lo mette in atto. Da una parte, ingannare per un lato guadagno è più attraente che farlo per un guadagno minore. D’altra parte, ingannare per un alto guadagno implica costi psicologici superiori [1, 10]. I costi psicologici – cioè il disagio interiore che le persone provano quando fanno qualcosa che va contro i propri valori o credenze – dipendono da quanto è grande la bugia. In un esperimento [11], i partecipanti venivano pagati in base al numero che riferivano di aver ottenuto dal lancio di un dado, di cui solo loro pensavano di essere a conoscenza. Quando dovevano dire il risultato, era più frequente che commettessero “piccoli inganni” (ad esempio dire di aver fatto 5 anziché 4), piuttosto che “grandi” inganni (dire 6 anziché 1).
I costi di una bugia sono strettamente legati a ciò che le persone pensano di Sé. In generale, le persone vogliono pensare di essere oneste. Dire bugie e ingannare gli altri è incompatibile con questa immagine [12]. Dire piccole bugie che sono “quasi vere” è più facilmente conciliabile con questa immagine di Sé [11, 13]. Dal momento che avere a disposizione una giustificazione plausibile della propria bugia (ad esempio “ho quasi fatto 6 con il mio dado”) è spesso una componente cruciale della bugia, limitare la possibilità che le persone possano crearsi ina spiegazione per le loro bugie incrementa l’onestà [14]. In più, misure che sottolineino il fatto che la persona voglia essere nesta aumentano l’onestà nei comportamenti successivi. Ad esempio, mettere la propria firma ben in evidenza su un modulo per il rimborso delle tasse aumenta l’attenzione nei confronti del proprio Sé morale. Di conseguenza, le persone mentono meno quando compilano il modulo [15]. In altre parole, il desiderio umano di apparire onesti può essere utilizzato come deterrente per l’inganno.
In sintesi, possiamo dire che le persone tentano di sfruttare i propri simili a proprio vantaggio attraverso le bugie nere. Il fatto che e le persone utilizzino o meno le bugie nere dipende dal guadagno che può essere ottenuto attraverso l’inganno, dalla probabilità di essere scoperti, e dai costi psicologici che sono associati al mentire. C’è però un altro fattore da considerare: la relazione con l’ingannato. La ricerca mostra che ingannare partner socialmente distanti da Sé è più accettabile per le persone [16]. Tuttavia, le persone spesso ingannano anche partner a cui sono molto vicini [17]. Una spiegazione possibile è che spesso ci sono guadagni più alti a disposizione se si ingannano persone vicine, e meno perdite se si rivelano verità spiacevoli. Tuttavia, noi suggeriamo che questa non è l’unica ragione. L’inganno non è solo motivato da intenti di sfruttamento dell’altro ma anche da motivazioni affiliative. Perciò, nel prossimo paragrafo discuteremo casi di inganno che nasce dalla motivazione a costruire una relazione positiva con l’ingannato o a fargli/le piacere.
Le bugie bianche
Quando le persone sono motivate a ricercare relazioni più strette o a compiacere l’ingannato, colui che inganna cerca di inferire le intenzioni e gli atteggiamenti dell’ingannato e comunica informazioni coerenti con questi [18]. In alcuni casi ciò è estremamente facile. Quando diciamo a un/a amico/a che ha uno taglio di capelli molto bello, è ovvio che la risposta compiace l’amico/a, mentre la verità no. Anche in altre circostanze, le persone si sentono quasi obbligate a dire bugie bianche. Anche le persone che rispondono a ricerche di mercato o a questionari sui comportamenti legati alla salute spesso cercano di fornire risposte che siano gradite dalla persona che formula le domande [19, 20]. Esattamente come nel caso del taglio di capelli, è facile prevedere che il ricercatore di mercato voglia sentirsi dire che i suoi prodotti sono meravigliosi, o che un ricercatore interessato ai comportamenti di salute vorrebbe sentirsi rispondere che le persone mangiano molte verdure.
Eppure, dire bugie bianche non è sempre così semplice. Come fanno i partecipanti a ricerche di mercato o indagini sulla salute a capire quali siano le risposte desiderate o attese dall’intervistatore? La ricerca dimostra che le persone si basano sui principi e le regole della comunicazione per formulare le loro previsioni. Secondo questi principi, nella comunicazione di tutti i giorni è generalmente atteso l’accordo (anziché il disaccordo) [21]. Intuitivamente lo sappiamo tutti. Immaginiamo di voler invitare qualcuno a cena a casa nostra per un piatto di spaghetti. Per essere certi che la persona ami gli spaghetti, chiederemo “ti piacciono gli spaghetti?”, aspettandoci un “Sì!”. Se invece ci aspettiamo che la persona non ami i broccoli, per esserne certi porremo la domanda diversamente, con un “non ti piacciono i broccoli, vero?”, aspettandoci un “no!”. Se ci aspettiamo un sì, tipicamente poniamo domande in positivo, mentre se ci aspettiamo un no le poniamo in negativo.
Le persone che cercano di fornire le risposte attese dall’intervistatore seguono la stessa logica. Le domande formulate in positivo [21] segnalano che la risposta attesa è sì. Quindi, gli intervistati che vogliono compiacere l’intervistatore di solito fanno riferimento a questo principio generale della comunicazione, fornendo più risposte affermative [22, 13]. Di conseguenza, l’aspettativa di una risposta positiva da parte dell’intervistatore dà luogo a un bias affermativo nelle risposte [24]. È importante sottolineare come il bias affermativo nelle risposte comporti in maniera non intenzionale un inganno, dovuto però a motivi puramente affiliativi. Infatti, studi recenti [25] mostrano che i partecipanti danno più risposte affermative a questionari quando il bisogno di affiliazione è reso saliente prima della compilazione, ad esempio chiedendo di immaginare che un amico – che è probabilmente oggetto di una motivazione affiliativa – legga in seguito le risposte. Quando viene attivato uno scopo affiliativo, i partecipanti fornivano più risposte affermative a domande come “se mio fratello o mia sorella hanno un insuccesso, io mi sento responsabile”, oppure “Per me essere in buona salute è la cosa più importante di tutte” [26]. È interessante notare che i partecipanti mostravano la stessa tendenza di risposta anche quando la domanda era riferita a una persona qualsiasi (ad esempio “La maggior parte delle persone pensa che essere in buona salute sia la cosa più importante di tutte”). In questi casi la risposta di accordo non veicola nessuna informazione desiderabile o positiva per chi mente, e non comporta alcun guadagno. Eppure, colui che inganna risponde in un modo che asseconda le aspettative dell’ingannato, per far piacere all’ingannato. È importante notare come in questo caso l’inganno sia messo in atto senza nessuna aspettativa di ricevere nessun favore in cambio. Di solito le persone mentono perché si aspettano qualcosa dalla controparte (ad esempio una relazione più positiva), ma quando viene reso saliente uno scopo affiliativo, le persone mentono anche nel caso in cui non ci si possa aspettare alcun ritorno da parte dell’ingannato (in questo caso il ricercatore).
Le conseguenze delle bugie nere e delle bugie
bianche
Discuteremo ora in che modo le bugie nere e le bugie bianche influiscano su colui che inganna, su colui che è ingannato, e su terze parti. Non è sorprendente che la letteratura confermi ampiamente come l’inganno a scopo predatorio o di sfruttamento dell’ingannato a proprio vantaggio danneggi o metta fine alla relazione tra chi inganna e chi è ingannato [27]. Un cliente che scoprisse la bugia del venditore di auto se ne andrebbe immediatamente. Al contrario, l’inganno a scopo affiliativo spesso implica conseguenze interpersonali positive [28]. Nel caso delle bugie pro-sociali che di solito vanno a benefico dell’altro, coloro che osservano l’inganno apprezzano e si fidano di chi mente più di quanto facciano nei confronti di chi dice la verità [29]. Un esempio di bugia pro-sociale potrebbe essere quello di dire al capo che un collega ha fatto un ottimo lavoro, quando in realtà il lavoro era mediocre. In questi casi, dire la verità allo scopo di essere sinceri è visto come egoista e meno morale.
Possiamo concludere quindi che le bugie bianche non hanno svantaggi? No, perché anche nel caso in cui le bugie siano puramente affiliative, chi viene ingannato - così come altre persone - potrebbero riceverne un danno. Nel caso delle risposte a questionari, il ricercatore ingannato potrebbe ottenere risultati non veritieri, che potrebbero influire negativamente su decisioni politiche prese sulla base di quelle evidenze, con conseguenze negative per altre persone e per il pubblico più vasto [25]. In ultima analisi, risultati di ricerca falsi rappresentano uno spreco di denaro dei contribuenti quando conducono, ad esempio, a programmi di salute pubblica contro l’obesità o il basati su tali risultati. Ancora più preoccupanti potrebbero essere le conseguenze dell’inganno affiliativo negli interrogatori di testimoni. In questi casi, i testimoni potrebbero avere l’intenzione di aiutare e compiacere chi conduce l’interrogatorio. Presupponendo che l’affermazione è la risposta desiderata [23], testimoni non completamente certi della propria risposta potrebbero rispondere affermativamente alle domande perché si aspettano che questo sia ciò che l’investigatore si attende da loro. Di conseguenza, individui innocenti potrebbero ritrovarsi accusati di reati, sebbene chi ha ingannato avesse unicamente intenzioni affiliative [30].
A causa elle conseguenze negative delle bugie nere, molti studi sono stati dedicati alla loro individuazione (per una rassegna esauriente, vedi [31). Nell’abito delle bugie bianche, la ricerca si è occupata dell’individuazione delle risposte motivate dalla desiderabilità sociale [20, 24]. Tuttavia, le bugie bianche si verificano anche su domande o item di questionari neutrali che non implicano risposte socialmente desiderabili [25]. Sono dunque necessari ulteriori studi per scoprire questo tipo di inganno. Un modo per affrontare il problema delle bugie bianche nelle indagini scientifiche attraverso questionari potrebbe essere quello di usare misure che non si basano su risposte verbali esplicite, oppure formulare domande in modi che non inducano le persone a inferire quale sia la risposta desiderata da chi pone la domanda. È comunque vero che se voleste sapere da un/a amico/a se il vostro taglio di capelli vi sta bene, anche con una domanda neutrale come “Cosa ne pensi del mio taglio?” la persona probabilmente inferirà che avreste piacere di sentirvi rispondere qualcosa di positivo.
Per quanto riguarda le conseguenze personali per chi inganna, abbiamo visto che dire bugie nere può essere psicologicamente costoso [11]. La ricerca non ha ancora indagato se anche dire bugie bianche implichi dei costi per chi le dice. Ad esempio, dare una certa risposta a un questionario rappresenta una minaccia per la propria immagine di persona onesta? A differenza dell’inganno per motivi di vantaggio personale, il beneficio percepito di un inganno per scopi affiliativi potrebbe superare la percezione dei costi. Il benessere provato al pensiero di aver fatto piacere al ricercatore potrebbe essere più forte dei costi psicologici dell’aver mentito. Altrimenti, sarebbe semplicemente difficile capire perché le persone mettono in atto inganni a scopo affiliativo.
Mentre le bugie nere sono in molti casi prevenute attraverso deterrenti o punizioni (ad esempio la fine di una relazione), le bugie bianche sono al contrario viste come un necessario lubrificante del funzionamento delle relazioni nella vita quotidiana che non ha alcun bisogno di essere contrastato. Dopo tutto, perché prevenire una piccola bugia sul taglio di capelli di qualcuno? Abbiamo però evidenziato come esistano bugie bianche che possono invece avere conseguenze negative, come nel caso della ricerca condotta nell’interesse pubblico. Considerare i costi psicologici del mentire potrebbe rivelarsi utile anche per prevenire le bugie bianche dei partecipanti a tali ricerche. I partecipanti non sinceri potrebbero pensare che le loro risposte facciano piacere al ricercatore, senza infliggere danni a chi viene ingannato. I ricercatori potrebbero quindi, all’inizio del loro studio, esplicitare che la loro ricerca subirebbe un danno anche da risposte non veritiere motivate dalle migliori intenzioni, rendendo così consapevoli i partecipanti dei costi di una loro bugia, per quanto bianca. I partecipanti potrebbero in questo caso astenersi dal mentire e fornire ai ricercatori risposte più accurate. Un'altra strategia per prevenire le bugie nere è quella di rendere saliente l’immagine di Sé come persone oneste (ad esempio mettendo la propria firma prima di fornire informazioni) [15]. La domanda è se le stesse misure possano essere efficaci anche per ridurre l’inganno a scopo affiliativo. Enfatizzare una preoccupazione morale e l’immagine di Sé come persone oneste quando si compila un questionario potrebbe migliorare l’accuratezza delle risposte, in quanto le persone potrebbero focalizzarsi più sulla propria sincerità che sul tipo di risposta che potrebbe compiacere il ricercatore, aumentando quindi l’utilità delle proprie risposte per l’interesse pubblico.
In conclusione possiamo dire che l’inganno è parte delle interazioni umane nella vita quotidiana. Sebbene il venditore di auto usate che mente ai clienti sembri avere poco in comune a prima vista con il partecipante a una ricerca che risponde in modo affermativo alla maggior parte delle domande, riteniamo entrambi i casi siano esempi di inganno. È quindi importante considerare che per quanto tutti quanti noi comprendiamo immediatamente il danno prodotto dalle bugie nere, anche dire bugie bianche può comportare conseguenze dannose.
Note
1 Consideriamo il mentire come un caso speciale di inganno nel quale viene affermata una cosa falsa. L’inganno può anche prendere altre forme, quali il nascondere fisicamente qualcosa a qualcuno. Tuttavia, il dibattito sulla relazione tra menzogna e inganno è tuttora in corso [32].
Riferimenti bibliografici
1 Gneezy, U. (2005). Deception: The role of consequences. The American Economic Review, 95, 384-394.
2 Hare, B., Call, J, & Tomasello, M. (2006). Chimpanzees deceive a human competitor by hiding. Cognition, 101, 495-514.
3 Melis, A. P., Call, J., & Tomasello, M. (2006). Chimpanzees (Pan troglodytes) conceal visual and auditory information from others. Journal of Comparative Psychology, 120, 154–162.
4 Nagin, D. S., & Pogarsky, G. (2001). Integrating celerity, impulsivity, and extralegal sanction threats into a model of general deterrence: Theory and evidence. Criminology, 39, 865-892.
5 Polinsky, A.M., & Shavell, S. (2000). The economic theory of public enforcement of law. Journal of Economic Literature, 38, 45–76.
6 Fischer, C. M., Wartick, M., & Mark, M. M. (1992). Detection probability and taxpayer compliance: A review of the literature. Journal of Accounting Literature, 11, 1-46.
7 Conrads, J., Irlenbusch, B., Rilke, R. M., Schielke, A., & Walkowitz, G. (2014). Honesty in tournaments. Economics Letters, 123, 90–93.
8 Fischbacher, U., & Föllmi-Heusi, F. (2013). Lies in disguise: An experimental study on cheating. Journal of the European Economic Association, 11, 525–547.
9 Kriss, P. H., Nagel, R., & Weber, R. A. (2013). Implicit vs. explicit deception in ultimatum games with incomplete information. Journal of Economic Behavior & Organization, 93, 337-346.
10 Charness, G., & Dufwenberg, M. (2006). Promises and partnership. Econometrica,74, 1579–1601.
11 Hilbig, B. E, & Hessler, C. M. (2013). What lies beneath: How the distance between truth and lie drives dishonesty. Journal of Experimental Social Psychology, 49, 263-266.
12 Mazar, N., Amir, O., & Ariely, D. (2008). The dishonesty of honest people: A theory of self-concept maintenance. Journal of Marketing Research, 45, 633–644.
13 Shalvi, S., Dana, J., Handgraaf, M. J. J., & De Dreu, C. K. W. (2011). Justified ethicality: Observing desired counterfactuals modifies ethical perceptions and behavior. Organizational Behavior and Human Decision Processes, 115, 181–190.
14 Shalvi, S., Eldar, O. & Bereby-Meyer, Y. (2012). Honesty requires time (and lack of justifications). Psychological Science, 23, 1264-1270.
15 Shu, L. L., Mazar, N., Gino, F., Ariely, D., & Bazerman, M. H. (2012). Signing at the beginning makes ethics salient and decreases dishonest self-reports in comparison to signing at the end. Proceedings of the National Academy of Sciences, 109, 15197-15200.
16 Mealy, M., Stephan, W., & Urrutia, I. C. (2007). The acceptability of lies: A comparison of Ecuadorians and Euro-Americans. International Journal of Intercultural Relations, 31, 689-702.
17 Whitty, M. T., Buchanan, T., Joinson, A. N., & Meredith, A. (2012). Not all lies are spontaneous: An examination of deception across different modes of communication. Journal of the American Society for Information Science and Technology, 63, 208-216.
18 Echterhoff, G. (2010). Shared reality: Antecedents, processes, and consequences. Social Cognition, 28, 273–276.
19 Page, M. M. (1981). Demand compliance in laboratory experiments. In J. T. Tedeschi (Ed)., Impression management theory and social psychological research (pp. 57-82). New York: Academic Press.
20 Schwarz, N. (1999). Self-reports: how the questions shape the answers. American Psychologist, 54, 93-105.
21 Grice, H. P. (1975). Logic and conversation. In P. Cole & J. L. Morgan (Eds.), Syntax and semantics: Vol. 3. Speech acts (pp. 41-58). New York: Academic Press.
22 Smith, P. B. (2004). Acquiescent response bias as an aspect of cultural communication style. Journal of Cross-Cultural Psychology, 35, 50-61.
23 Van Herk, H., Poortinga, Y. H., & Verhallen, T. M. (2004). Response styles in rating scales evidence of method bias in data from six EU countries. Journal of Cross-Cultural Psychology, 35, 346-360.
24 Ones, D. S., Viswesvaran, C., & Reiss, A. D. (1996). Role of social desirability in personality testing for personnel selection: The red herring. Journal of Applied Psychology, 81, 660-679.
25 Steinmetz, J., & Posten, A.-C. (2017). Physical temperature affects response behavior. Journal of Experimental Social Psychology, 70, 294-300.
26 Singelis, T. M. (1994). The measurement of independent and interdependent self-construals. Personality and Social Psychology Bulletin, 20, 580-591.
27 McCornack, S. A., & Levine, T. R. (1990). When lies are uncovered: Emotional and relational outcomes of discovered deception. Communications Monographs, 57, 119-138.
28 Levine, E. E., & Schweitzer, M. E. (2014). Are liars ethical? On the tension between benevolence and honesty. Journal of Experimental Social Psychology, 53, 107-117.
29 Levine, E. E., Schweitzer, M. E. (2015). Prosocial lies: When deception breeds trust. Organizational Behavior and Human Decision Processes, 126, 88-106.
30 Posten, A.-C., & Steinmetz, J. (2018). Temperatur und Zustimmung – ein bisher unbekannter Zusammenhang: Einblicke für Praxis und Forschung. Praxis der Rechtspsychologie.
31 Abouelenien, M., Pérez-Rosas, V., Mihalcea, R., & Burzo, M. (2014). Deception detection using a multimodal approach. In Proceedings of the 16th International Conference on Multimodal Interaction, 58-65.
32 Stokke, A. (2013). Lying, Deceiving, and Misleading. Philosophy Compass, 8, 348-359.