Definire l'immagine corporea: Una, nessuna, centomila
Slade (1994) descrive l’immagine corporea come l’immagine che abbiamo nella nostra mente della forma, dimensione, taglia del nostro corpo e i sentimenti che proviamo rispetto a queste caratteristiche e alle singole parti di esso, cioè, la rappresentazione soggettiva che ogni persona ha del proprio corpo. Secondo Slade (1994) l’immagine corporea è costituita da una componente: Percettiva, cioè come la persona visualizza la taglia e la forma del proprio corpo; attitudinale, cioè cosa la persona cognitivamente pensa del proprio corpo; affettiva, ossia i sentimenti relativi alla propria apparenza e, infine, una comportamentale, che riguarda, ad esempio, l’alimentazione e l’attività fisica. Altri autori hanno definito l’immagine corporea come un costrutto multidimensionale caratterizzato dall’insieme delle percezioni e delle valutazioni dell’individuo in merito al proprio aspetto fisico (Cash, 2004), alla cui base ci sarebbero fattori biologici, psicologici e socioculturali (Cash, 1994; Cash & Pruzinsky, 1990). Thompson e colleghi (1999), nel tentativo di incorporare gli elementi chiave alla base di tale costrutto, hanno definito l’immagine corporea come l’insieme di percezioni, pensieri e sentimenti relativi al proprio aspetto. L’immagine corporea può essere sia negativa che positiva; quella negativa viene definita come un modo di pensare e sentire il proprio corpo che influenza negativamente la stima e la soddisfazione corporea (Barlett et al., 2005). L’insoddisfazione corporea, quale possibile conseguenza della percezione di non essere in linea con gli standard di bellezza dominanti (Varela et al., 2019), risulta particolarmente presente nelle culture occidentali, probabilmente per l’eccessiva enfasi che per le donne viene posta sugli standard di attrattività e perfezione estetica (Barcaccia et al., 2018; Dakanalis et al., 2015). È stato stimato che circa il 50% delle giovani donne nei Paesi occidentali si è dichiarata insoddisfatta del proprio aspetto, sperimentando, di conseguenza, stati di disagio relativi alla propria apparenza (Gallivan, 2014; Micali et al., 2014). I tassi di insoddisfazione corporea per le giovani donne occidentali, rispetto alla controparte maschile, risultano particolarmente elevati (Al Sabbah et al., 2009; Bornioli et al., 2019), associandosi a numerose conseguenze negative per il benessere psicofisico (Bornioli et al., 2019). Come in altri Paesi occidentali, anche in Italia i livelli di insoddisfazione corporea risultano notevolmente elevati tra le giovani donne, mostrando associazioni positive con la presenza di disturbi alimentari (Dakanalis et al., 2013), bassi livelli di autostima e una percezione di scarsa attraenza personale (Dakanalis et al., 2015; Rollero, 2013), comportamenti a rischio per la salute, come rapporti sessuali non protetti (Pirani & Matera, 2020), e la considerazione della chirurgia per motivazioni estetiche (Di Gesto et al., 2022; Nerini et al., 2019). Con la diffusione dei movimenti di body positivity volti a valorizzare l’accettazione incondizionata del proprio aspetto (Cohen et al., 2019), la ricerca si è sempre più interessata all’immagine corporea positiva (Tylka & Wood-Barcalow, 2015). Immagine corporea negativa e positiva non rappresentano poli opposti di uno stesso continuum, dato che quest’ultima non coincide con una riduzione dell’insoddisfazione corporea, quanto piuttosto si riferisce a un rispetto generale per la propria apparenza, all’accettazione del proprio corpo nella sua unicità e all’apprezzamento delle proprie funzionalità corporee; tali aspetti non sono necessariamente implicati in una riduzione dell’immagine corporea negativa, che riguarda esclusivamente un miglioramento nella valutazione delle proprie taglie e forme corporee (Tylka & Wood-Barcalow, 2015). L’immagine corporea positiva svolge una funzione protettiva per la salute fisica e per il benessere psicologico (Andrew et al., 2016; Gillen, 2015). Inoltre, essa sembra correlare con la percezione che il proprio corpo sia accettato e apprezzato dagli altri significativi (Tylka & Wood-Barcalow, 2015).
Chirurgia estetica: Apparire migliori per sentirsi bene?
Molte donne cercano di perseguire, attraverso vari mezzi, gli ideali corporei interiorizzati (Cash & Smolak, 2011; Park et al., 2010). La chirurgia estetica è sempre più vista come una rapida soluzione ai problemi relativi alla propria apparenza fisica (Wang et al., 2019). Oggi, infatti, molte persone scelgono di sottoporsi a miglioramenti cosmetici nel tentativo di avvicinarsi agli standard desiderati o per soddisfare esigenze psicosociali, tra cui il raggiungimento degli ideali di bellezza proposti a livello socioculturale (Rajanala et al., 2018). La crescente importanza attribuita al corpo dalla cultura contemporanea e il fatto che la ricerca di un aspetto giovanile e attraente siano considerate una priorità assoluta nelle culture occidentali, hanno contribuito a normalizzare il ricorso alla chirurgia estetica quale strategia per intervenire sul proprio aspetto (Martel et al., 2020; Sun, 2020). Da un punto di vista socioculturale, le donne molto spesso credono che la loro autostima e il loro valore siano inestricabilmente legati alla percezione di essere fisicamente attraenti; pertanto, esse cercano di perseguire tale scopo al fine di aumentare il senso del proprio valore (Walker et al., 2019). Secondo la International Society of Aesthetic Plastic Surgery (ISAPS, 2021), il ricorso agli interventi di chirurgia estetica è in costante crescita nei Paesi occidentali, con l’Italia che si pone ai primi posti tra i Paesi con una più alta richiesta a tale riguardo. È opportuno considerare che, sebbene il sottoporsi ad interventi di chirurgia estetica possa avere conseguenze positive sul piano del benessere psicologico (Di Mattei et al., 2015; Honigman et al., 2004), dall’analisi della letteratura emerge come i rischi associati a questi interventi siano molteplici. In particolare, è stata riscontrata l’insorgenza di una serie di complicazioni mediche post-operatorie e, nei casi più estremi, il decesso (Golinski & Hranchook, 2018). Bradbury (2009), in un’indagine sui rischi psicologici associati alle varie tipologie di interventi di chirurgia estetica, ha mostrato la presenza di problematiche psicologiche di gravità variabile: Da una persistente e duratura insoddisfazione corporea a sintomi ansiosi e depressivi, episodi psicotici e Disturbo da Stress Post-Traumatico (per una review, si veda Honigman et al., 2004). Tali risultati hanno trovato conferma anche in studi più recenti (Sarwer, 2019; Sobanko et al., 2018).
Predittori socioculturali dell’insoddisfazione corporea
Nell’analisi dei fattori coinvolti nello sviluppo dell’insoddisfazione per la propria apparenza, alcune evidenze empiriche hanno confermato l’importanza che le variabili socioculturali giocano a tale riguardo (Carrard et al., 2020; Di Gesto et al., 2022; Nerini et al., 2019; Rollero, 2019; Schaefer et al., 2019). Il Modello Tripartito di Influenza (Tripartite Influence Model, TIM; Keery et al., 2004; Thompson et al., 1999) costituisce un riferimento di centrale importanza nell’analisi dei fattori socioculturali implicati nello sviluppo dell’immagine corporea. In particolare, il modello individua tre principali fonti di influenza, quali i pari, la famiglia e i mass media, in grado di agire sull’immagine corporea attraverso due processi di mediazione: L’interiorizzazione degli ideali socioculturali di bellezza e la tendenza ripetuta al confronto sociale relativo all’apparenza. L’interiorizzazione consiste nell’incorporazione o accettazione degli standard socioculturali di attraenza promossi dai media, fino a trasformarsi in valori che condizionano i comportamenti quotidiani; attraverso il confronto sociale, l’individuo valuterà il proprio aspetto tramite il confronto con i modelli salienti di attraenza proposti in maniera iterativa a livello socioculturale (Thompson et al., 1991). Con la crescente diffusione di Internet, soprattutto tra i giovani adulti, la ricerca si è sempre più spostata dallo studio dei media tradizionali ai nuovi media, i quali costituiscono una fonte di influenza sull’immagine corporea particolarmente pervasiva (Holland & Tiggemann, 2016). Nello specifico, i Social Networks (SNs) rappresentano la tipologia di social media maggiormente utilizzata dalla popolazione giovanile (Global Digital Report, 2022). Alcuni SNs, come Instagram e TikTok, sono focalizzati sull’apparenza fisica più di altri, come Twitter, che veicolano prevalentemente contenuti testuali (Ottoni et al., 2014). I SNs basati sulle immagini connesse all’apparenza estetica, data l’ampia disponibilità di fonti (es., amici, familiari, celebrità) che attraverso essi propongono ideali corporei irraggiungibili, sembrano costituire un terreno fertile per l’insorgenza di preoccupazioni relative all’immagine corporea (Boursier et al., 2020; Tiggemann & Anderberg, 2019). È opportuno sottolineare che il ruolo dei SNs sulla soddisfazione corporea non è diretto, ma è mediato da una serie di variabili importanti, come l’interiorizzazione e il confronto sociale, e che tale relazione può essere anche inversa (Jarman et al., 2021). In quest’area di indagine l’attenzione dei ricercatori si è sempre più rivolta ad Instagram, poiché, oltre ad essere un SN focalizzato su immagini che propongono contenuti connessi principalmente all’apparenza fisica, si caratterizza per la presenza di funzionalità che permettono di modificare il modo in cui l’utente si presenta esteticamente nel contesto virtuale (Di Gesto et al., 2022; Tiggemann et al., 2018). Il desiderio di apparire più attraenti sia a se stessi che agli occhi dei followers sta diventando una tendenza in costante crescita nella nostra società e la rapida proliferazione di strumenti per l’editing digitale delle immagini, insieme alla facile accessibilità ai SNs, sembra favorire una maggiore attenzione alla gestione di come il proprio corpo appare online (Chua & Chang, 2016). Inoltre, il progressivo fiorire di immagini pubblicate sui SNs che mostrano i risultati post-operatori di interventi di chirurgia estetica risponde direttamente alle richieste di un gran numero di utenti, i quali, sempre di più, ricercano mezzi rapidi e accessibili per intervenire sul proprio aspetto (Pendolino & Ottaviano, 2019; Wang et al., 2019). Ulteriori variabili che potrebbero essere di interesse per la comprensione di come le influenze socioculturali agiscono sull’immagine corporea e sul ricorso alla chirurgia estetica delle donne sono l’età e l’orientamento sessuale. In merito all’età, in uno studio, Slevec e Tiggemann (2010) hanno confrontato giovani donne con donne adulte australiane mostrando come nella relazione tra uso di media, soddisfazione corporea e intenzione di ricorrere alla chirurgia estetica l’età non sia una variabile significativa, mentre un ruolo rilevante è giocato dal livello di investimento sul proprio corpo nella definizione del proprio sé. Indipendentemente dall’età, le donne che attribuiscono maggiore importanza al proprio corpo nella valutazione complessiva del sé esperiscono maggiore insoddisfazione corporea e ansia da invecchiamento a seguito dell’uso dei media, tendendo, dunque, a ricorrere con più probabilità alla chirurgia estetica. Per quanto riguarda l’orientamento sessuale, uno studio condotto su donne lesbiche americane (Kelly, 2007) ha mostrato che la variabile più rilevante relativamente alla soddisfazione corporea e al ricorso a strategie di gestione del proprio corpo (compresa la chirurgia estetica) è il livello di interiorizzazione degli ideali estetici, orientati alla magrezza e/o alla muscolosità, dominanti all’interno della subcultura alla quale la persona appartiene. È importante evidenziare come il ricorso alla chirurgia estetica non sia dannoso di per sé, ma può diventarlo quando le ragioni che motivano la persona a ricorrere alla chirurgia sono legate all’interiorizzazione di canoni estetici trasmessi a livello socioculturale, che variano con il cambiamento del contesto sociale e culturale di riferimento (Atiyeh & Chahine, 2021).
Come agire? L’importanza degli interventi evidence-based
La ricerca ha messo in luce l’importanza di realizzare interventi nell’ambito della promozione della salute finalizzati ad attenuare gli effetti deleteri dei social media sull’immagine corporea (Gordon et al., 2020; Mingoia et al., 2020). Particolarmente utili sono gli interventi di social media literacy, body compassion e funcionality appreciation. I programmi di social media literacy, incrementando lo scetticismo degli utenti dei SNs rispetto al realismo dei contenuti che questi propongono e sollecitando un pensiero critico circa gli stimoli con i quali interagiscono e ai quali sono esposti, potrebbero ridurre l’effetto negativo dei SNs sull’immagine corporea (McLean et al., 2017). Attraverso tali interventi si potrebbero informare gli utenti delle tecniche di editing comunemente utilizzate per consentire una migliore presentazione di sé online, al fine di favorire sia una maggiore comprensione del modo in cui certi contenuti vengono loro proposti sui SNs sia lo sviluppo di controargomentazioni con le quali far fronte alle pervasive influenze socioculturali sull’immagine corporea. Altrettanto utili potrebbero essere attività volte a potenziare l’immagine corporea positiva come, ad esempio, gli interventi finalizzati a sviluppare la body compassion e la functionality appreciation. La body compassion consiste in un atteggiamento di gentilezza e accettazione delle inadeguatezze percepite relativamente al proprio corpo (Altman et al., 2017), che potrebbe costituire un fattore protettivo per le giovani donne dagli effetti negativi dell’utilizzo di Instagram sull’immagine corporea e sull’accettazione di pratiche volte a modificare la propria apparenza per ragioni meramente estetiche. Nel perseguire l’obiettivo di ridurre le vulnerabilità alle influenze socioculturali sull’immagine corporea, potrebbero risultare utili anche gli interventi che mirano ad incrementare la functionality appreciation (Alleva et al., 2015; Webb et al., 2015), definita come una modalità di rapportarsi al proprio corpo basata sul rispetto e la gratitudine per ciò che esso è in grado di fare piuttosto che per come appare (Alleva et al., 2017). Tutti questi interventi potrebbero favorire, da un lato, una maggiore flessibilità psicologica nel pensare al proprio corpo e nel confrontarsi con i canoni estetici proposti a livello mediatico e, dall’altro, una visione maggiormente critica dei contenuti basati sull’apparenza fisica proposti in modo pervasivo attraverso i social media. Una loro precoce implementazione potrebbe risultare rilevante nell’attenuare gli effetti deleteri dell’utilizzo di Instagram sull’immagine corporea delle giovani utenti sia che esse ricorrano ai SNs in qualità di sourcers, creando e condividendo attivamente contenuti personali, sia che vi si approccino come receivers, esponendosi passivamente agli stimoli proposti dagli altri utenti sui SNs.
Glossario
Immagine corporea: Costrutto multidimensionale che consiste nella rappresentazione soggettiva che ciascuno ha del proprio corpo e che implica una dimensione percettiva, affettiva, valutativa, e comportamentale.
Modello tripartito di influenza: Modello teorico secondo cui l’immagine corporea è influenzata dalla famiglia, dai pari e dai media, che agiscono sulla valutazione del nostro corpo sia direttamente che indirettamente, favorendo l’interiorizzazione di canoni estetici e il confronto con l’aspetto fisico altrui.
Body compassion: Atteggiamento di gentilezza e accettazione delle proprie inadeguatezze corporee percepite.
Body positivity: Movimento culturale che promuove l’accettazione e la celebrazione di tutti i tipi di corpo, indipendentemente dalle dimensioni, dalla forma o dall’aspetto.
Functionality appreciation: Modalità di rapportarsi al proprio corpo basata sul rispetto e la gratitudine per ciò che esso è in grado di fare (funzionalità) piuttosto che per come appare (apparenza).
Social media literacy: Alfabetizzazione all’utilizzo dei social media, finalizzata a stimolare un pensiero critico negli utenti circa gli stimoli con i quali interagiscono e ai quali sono esposti.
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