Introduzione
Immaginate che state camminando in un prato, qualcosa si muove vicino al vostro piede, improvvisamente sentite un rumore all’altezza del polpaccio, vi allertate e cominciate a correre. Un serpente sembrava interessato alle vostre gambe, le stesse gambe che automaticamente hanno innescato un passo svelto portandovi lontano dalla minaccia. Adesso provate a re-immaginare lo stesso scenario, pensando di camminare non più soli, ma con vostro figlio o un amico. Quanto è importante individuare in tempo una minaccia che si avvicina non solo al nostro corpo, ma anche al corpo degli altri? Uno stimolo che si muove in direzione di un corpo richiede una rapida elaborazione e un’immediata reazione motoria, istantaneamente e spesso in modo inconscio, decidiamo che una minaccia può essere evitata o no.
Nella letteratura, lo spazio difensivo è stato sempre identificato con lo spazio peripersonale (si veda glossario) o spazio di prensione (Rizzolatti et al., 1997). Questo spazio è multisensoriale, codificato in termini motori e dentro i suoi confini reagiamo più velocemente agli stimoli uditivi (Serino et al., 2009). Inoltre, quali animali sociali, il nostro spazio peripersonale fa riferimento non solo a ciò che possiamo raggiungere con il braccio, ma anche a ciò che gli altri individui possono raggiungere (Costantini et al., 2011; Bloesch et al., 2012). Tuttavia, quando camminiamo e ci spostiamo fuori, abbiamo necessità di evitare molti ostacoli e di reagire velocemente agli stimoli non solo in prossimità dell’emispazio corporeo superiore, ma di tutto il corpo, comprese le gambe. Lo spazio attorno al corpo rientra nella macro-categoria dello spazio extrapersonale (si veda glossario) di cui alcuni teorici hanno proposto diverse suddivisioni. Un modello influente e completo è stato avanzato da Previc (1998, 2005), che ha distinto uno spazio extrapersonale focale (oltre lo spazio di prensione) per l’esplorazione visiva, uno spazio extrapersonale d’azione per il controllo posturale e la locomozione e uno spazio ambientale per la navigazione e l’orientamento topografico. Anche Grüsser (1983) ha suddiviso lo spazio al di là di quello di prensione in tre settori: lo spazio d’azione vicino-distante (1-6/8 metri), lo spazio d’azione lontano-distante (8-30 metri) e il background visivo (oltre i 30 metri).
I modelli citati, nonostante siano esaustivi, non hanno esplorato dettagliamente la porzione di spazio in prossimità del corpo in termini funzionali. Gli obiettivi che hanno guidato la seguente linea di ricerca erano di investigare se lo spazio che percepiamo soggettivamente come “vicino” si colloca entro gli 8 metri (spazio d’azione vicino-distante, Grüsser 1983), se esso sia codificato in termini motori e se sia sensibile alla presenza di altri corpi. Ciò che volevamo dimostrare era che, alla stregua dello spazio di prensione, esteso 30 cm attorno alle braccia e definito dalla possibilità concreta propria e altrui di afferrare gli oggetti, sarebbe potuto esistere uno spazio di camminata, esteso per 8 metri attorno a tutto il nostro corpo, e definito dall’automaticità del proprio e altrui passo. Individuare e caratterizzare questa porzione di spazio in termini funzionali avrebbe infatti aperto nuove prospettive applicative nell’ambito della psicologia dello sport e della riabilitazione.
In una serie di studi volti a dar risposta alla nostra domanda sperimentale, è stato impiegato un paradigma semplice che consisteva nel chiedere ai partecipanti di categorizzare come “Vicino” o “Lontano” un oggetto localizzato a diverse distanze (tra 2 e 30 m). L’oggetto poteva avvicinarsi o allontanarsi dal partecipante, che di volta in volta era chiamato a stabilire se il medesimo era soggettivamente percepito come “Vicino” oppure “Lontano”. Il target si muoveva lungo serie ascendenti o discendenti, secondo un valore fisso di 2 metri. Il punto in cui il partecipante esprimeva il cambiamento di giudizio da “Vicino” a “Lontano” o viceversa, rappresentava la soglia metrica d’interesse, che veniva poi mediata per ottenerne una finale (metodo dei limiti). Abbiamo optato per un giudizio verbale ecologico come “Vicino/Lontano”, perchè per esempio quando dobbiamo decidere se qualcuno può compiere un’azione come camminare invece che prendere un mezzo, ragioniamo raramente in termini metrici, ma implicitamente valutiamo le distanze come “Vicine” o “Lontane”.
Questo esperimento è stato condotto sia in ambiente reale che in ambiente 3D, corrispondente a una riproduzione virtuale scalata dell’ambiente reale che mantiene i rapporti spaziali tra gli elementi.
É stato ottenuto che in media giudichiamo come “Vicino” (NES, Near extrapersonal space) una porzione di spazio entro i 16 metri.
Dal momento che, nell’ambiente 3D le distanze sono percepite come compresse del 50 % rispetto alla realtà ecologica (Creem-Regehr et al., 2005), il Near extrapersonal space sembrerebbe corrispondere allo spazio “Vicino-distante” di Grüsser (sotto gli 8 metri). In seguito, per meglio capire la natura del Near Extrapersonal space, in ambiente ecologico i partecipanti sono stati chiamati a giudicare nuovamente come “Vicino/Lontano” il target localizzato a 8 differenti distanze (2-16 m). É stata osservata una correlazione positiva tra il Near Extrapersonal Space virtuale ed ecologico (da 6 a 9 m).
Inoltre, i partecipanti con un livello intenso di training fisico, misurato con il Physical Activity Questionnaire (IPAQ), mostravano un Near Extrapersonal Space più ampio rispetto a coloro con un livello moderato di training fisico. In linea con i risultati di Proffitt e colleghi (Proffitt, 2006; Proffitt et al., 2003)il Near Extrapersonal Space era modulato dal potenziale fisiologico disponbile: migliori sono le risorse motorie, più ampio è lo spazio soggettivo definito come “Vicino” o accessibile.
Per avere anche una misura implicita del Near Extrapersonal Space, ai partecipanti è stato chiesto di camminare bendati (blindwalking, si veda glossario) verso targets precedentemente osservati disposti lungo una retta verticale (4, 6, 8, 10, 12m). In media si mostravano più accurati nel riprodurre distanze sotto i 10 metri, confermando le evidenze presenti in letteratura (Thomson, 1983; Witt et al., 2007).
Con questo primo studio, è stata identificata una porzione di spazio extrapersonale “Vicino”, chiamato Near Extrapersonal Space, che sembra essere soggettivo, codificato in termini motori e influenzato dallo stato fisiologico, inoltre abbiamo appurato che l’ambiente 3D rappresenta un valido setting da impiegare per investigarlo.
La connotazione sociale del Near Extrapersonal Space
Il Near Extrapersonal Space è definito dalla possibilità concreta di agire, alla stregua dello spazio peripersonale, il quale è anche modulato dalla presenza di altri individui: gli oggetti sono localizzati non solo in base alla nostra opportunità di prensione, ma anche in base a quella degli altri. Questa “codifica sociale” dello spazio, è particolarmente importante se pensiamo a quando dobbiamo organizzare le nostre azioni in funzione di quelle degli altri, prefiggersi degli obiettivi contando sulla collaborazione degli individui o eventualmente competere con i medesimi. La sensibilità alla presenza di altri corpi nello spazio potrebbe non essere prerogativa dello spazio di prensione, ma interessare anche lo spazio in cui ci muoviamo con tutto il corpo, ovvero il Near Extrapersonal Space.
Con l’obiettivo dunque di far luce sulla connotazione sociale del Near Extrapersonal Space, abbiamo chiesto ai partecipanti di esprimere nuovamente il giudizio di “Vicinanza/Lontananza” di un target rispetto a loro stessi, questa volta in presenza di un altro corpo umano reale oppure no, come un manichino di legno. Il target poteva essere localizzato a 27 differenti distanze, in un’arena estesa da 2 a 54 metri. É emerso che una mera sagoma umana (vivente e non) è in grado di estendere il Near Extrapersonal Space, ovvero di far percepire il target come più vicino (Fini et al., 2014). Come osservare qualcuno che usa uno strumento per raggiungere un target estende lo spazio peripersonale, allo stesso modo osservare un corpo potenzialmente in grado di coprire una distanza estende il Near Extrapersonal Space e come conseguenza riduce la percezione della distanza. Un altro corpo umano sembra essere perciò elaborato con possibilità d’azione intrinseche e coerenti con il contesto in cui è collocato, ovvero l’azione di prensione nello spazio peripersonale, di camminata in quello extrapersonale. Inoltre, anche una forma anatomica non vivente, come un manichino di legno, è capace di ridurre la distanza percepita, una struttura che presenti la stessa morfologia umana sarebbe dunque sufficiente per indurre l’effetto.
Il cervello estrarrebbe informazioni motorie anche da immagini statiche, come un manichino di legno, il quale sarebbe uno stimolo sufficiente per indurre la rappresentazione del movimento biologico (si veda glossario) di camminata che filtra la nostra percezione dello spazio extrapersonale.
I due studi sopra menzionati riguardano la percezione dello spazio in relazione al nostro corpo. Tuttavia tutti i tipi di informazione spaziale possono essere codificati anche secondo elementi indipendenti dalla posizione dell’osservatore e dal suo punto di vista. Pensiamo infatti alla situazione in cui dobbiamo giudicare la distanza non rispetto al nostro corpo, ma rispetto al corpo di un altro individuo. Abbiamo perciò mostrato che considerando la distanza da un corpo umano diverso dal proprio con risorse motorie spendibili, il Near Extrapersonal Space è più esteso rispetto a quando adottiamo un oggetto statico, seppur con la medesima struttura anatomica umana, come un manichino di legno (Fini et al., 2015a). Al contrario, durante un giudizio di distanza rispetto al proprio corpo, una struttura anatomica umana sembra sufficiente a indurre l’estensione del Near Extrapersonal Space. Tale dissociazione è da ricondurre al fatto che le rappresentazioni spaziali centrate sul proprio corpo sono codificate nel circuito fronto-parietale come rappresentazioni sensorimotorie (Andersen et al., 1997; Cohen & Andersen, 2000; Andersen et al., 2002), quelle invece centrate su elementi esterni al proprio corpo sono principalmente codificate nel circuito fronto-temporale come rappresentazioni percettive (Rolls, 1999; Georges-Francois et al., 1999; James et al., 2003). Quando giudichiamo la distanza considerando un elemento esterno al proprio corpo come riferimento vi sarebbe una più raffinata elaborazione delle sue caratteristiche e di conseguenza l’apparenza “biologica” della forma umana giocherebbe un ruolo cruciale per ottenere l’estensione del Near Extrapersonal Space.
Near Extrapersonal space è più ampio solo quando un corpo adottato come riferimento è “vivente”
In linea con l’ipotesi che percepiamo il target più vicino in ragione del fatto che l’individuo, adottato come riferimento esterno in un giudizio di distanza, è elaborato come agente intenzionale e capace di camminare verso il target, abbiamo condotto un altro studio, volto a dimostrare la necessità di attribuire al corpo umano uno “status biologico”. É stata manipolata la credenza astratta circa l’intenzionalità e la possibilità di agire del manichino di legno, mantenendo inalterata la sua apparenza percettiva. Ai partecipanti è stato richiesto di leggere la storia di “Pinocchio” e guardare il corrispondente frammento di video, in cui Pinocchio si comporta come un umano reale (Müller et al., 2011). Dopo, i partecipanti dovevano compiere la categorizzazione dello spazio extrapersonale usando come riferimento il manichino di legno oppure il corpo umano. Abbiamo misurato il grado di trasporto dei participanti nella storia, utilizzando un questionario ad hoc e abbiamo trovato che più i partecipanti erano “trasportati” nella storia (identificandosi anche con Pinocchio), minore era la differenza tra l’estensione del Near Extrapersonal Space con un corpo umano e il manichino di legno adottati come riferimenti nel giudizio di distanza.
I risultati indicano che le credenze astratte circa un agente non biologico, come un manichino di legno, inducono la stessa estensione del Near Extrapersonal Space che si evidenzia quando un corpo umano reale è adottato come riferimento (Fini et al., 2015b). Ciò è coerente con l’osservazione che la percezione dello spazio attorno a un altro corpo sembra contribuire (Soliman et al,. 2013) e rimanere influenzata da aspetti cognitivi di alto livello sociali e culturali (Schnall et al., 2008).
La semantica dell’azione e la velocità di camminata attribuita a un altro corpo modulano il suo Near Extrapersonal space
Dopo aver appurato che l’altro durante la percezione dello spazio è percepito come agente biologico/intenzionale, ci siamo domandati se aspetti specifici come la velocità di camminata e la semantica dell’azione influenzano la percezione del Near Extrapersonal Space e se l’inferenza della specifica intenzione di camminare verso il target risulta cruciale per ottenere l’estensione del Near Extrapersonal Space. Per fare luce su questi quesiti, i soggetti sono stati chiamati a osservare un movimento biologico di camminata, che anticipava il giudizio di distanza. Il movimento biologico è composto di animazioni di punti di luce attaccati alle giunture del corpo in movimento, in modo da rappresentare l’informazione motoria isolatamente (Johansson, 1973). Quando sono in movimento, questi stimoli evocano la percezione vivida del corpo umano in azione (Grèzes & Decety, 2001).
Nel primo esperimento, durante il compito di categorizzazione dello spazio extrapersonale con l’altrui corpo o un oggetto adottati come riferimento, i partecipanti osservavano un movimento biologico di camminata oppure un movimento casuale “scrambled”, che precedevano l’espressione del giudizio “Vicino/Lontano”.
In un secondo esperimento, il giudizio “Vicino/Lontano” era preceduto da movimenti biologici di camminata a differenti velocità: corsa, camminata canonica, camminata lenta. Infine, in un terzo esperimento un movimento relativo al sedersi, o un movimento relativo all’alzarsi e camminare, anticipavano il giudizio di distanza e il corpo altrui adottato come riferimento poteva essere orientato o no verso il target.
I risultati mostrano l’estensione del Near Extrapersonal Space quando il movimento di camminata anticipava il giudizio di distanza, un effetto che era modulato dalla velocità di movimento (era maggiore l’estensione del Near Extrapersonal Space con il movimento di corsa rispetto alla camminata normale) e abolito quando l’osservatore non inferiva l’intenzione di coprire la distanza perché il corpo non era orientato verso il target e la semantica dell’azione non era congruente con l’azione imminente di camminata.
É stato dunque dimostrato che l’estensione del Near Extrapersonal Space quando l’altrui corpo è adottato come riferimento è da ricondurre all’elaborazione implicita del potenziale motorio e dell’intenzione dell’altro di realizzare l’unica azione suscettibile di essere compiuta nello spazio extrapersonale in assenza di strumenti ausiliari: l’azione di camminata.
La corteccia premotoria è reclutata durante la percezione del Near Extrapersonal Space dell’altro
Infine, per verificare se il Near Extrapersonal Space, era effettivamente codificato in termini motori, abbiamo impiegato la tecnica di stimolazione cerebrale tDCS (si veda glossario) applicata sulla corteccia premotoria sinistra (PMC). Tale tecnica non invasiva consiste nella modulazione dell’attività cerebrale tramite la trasmissione di corrente direttamente sullo scalpo. La corteccia premotoria rappresenta un nodo cruciale del sistema motorio, reclutata durante la pianificazione e il controllo dell’azione e durante l’osservazione dell’altrui azione potenziale o attuata (Matelli & Luppino, 2001; Di Pellegrino et al., 1992). Tutti i partecipanti sono stati sottoposti alle seguenti tre condizioni: (anodica, catodica e sham), si veda glossario) durante il compito di categorizzazione extrapersonale, usando l’altrui corpo umano e l’oggetto statico come riferimenti. Abbiamo dimostrato che la corteccia premotoria è reclutata durante la percezione dello spazio extrapersonale quando l’altrui corpo è riferimento nel giudizio di distanza. Incrementando l’attività della corteccia premotoria (tDCS anodica), l’estensione del Near Extrapersonal Space risulta essere più ampia con il corpo rispetto all’oggetto, invece inibendo l’attività della corteccia premotoria (tDCS catodica) l’effetto è opposto. Sembra dunque plausibile che la percezione del Near Extrapersonal Space, sia definita dalla simulazione motoria dell’azione di camminata.
Conclusioni
É stato mostrato che esiste una porzione di spazio extrapersonale, definito dalle proprie e altrui risorse motorie, affetto da fattori cognitivi di alto livello, che è stato definito “Near Extrapersonal Space”. Questo spazio è esteso quando il corpo umano è una mera presenza nell’ambiente o quando è adottato come riferimento durante un giudizio di distanza. L’influenza del corpo sul Near Extrapersonal Space sembra dovuta all’elaborazione implicita del corpo umano come agente biologico con il potenziale e l’intenzione di camminare verso il target e le opportunità motorie intrinsiche in un corpo sarebbero codificate nella corteccia premotoria.
Possiamo dunque affermare che il Near Extrapersonal Space, come lo spazio peripersonale, sembra essere una categoria di spazio definito dalle possibilità motorie proprie ed altrui ma invece che relative agli arti superiori, agli arti inferiori.
In futuro, sarebbe interessante studiare la relazione tra il sistema motorio e la percezione dello spazio, estraendo misure dirette dell’attività muscolare tibiale, fuori e dentro il Near Extrapersonal Space, in presenza o meno di altri corpi. Inoltre per caratterizzare la natura difensiva di questo spazio e la reattività motoria, alla stregua dello spazio peripersonale, potrebbero essere inseriti stimoli multisensoriali minacciosi, fuori e dentro la soglia Near Extrapersonal Space.
Al momento, i dati esposti potrebbero essere impiegati in strategie e training volti a indurre i pazienti con compromissione degli arti inferiori a percepire gli ambienti come meno espansi. Questi pazienti, per esempio, potrebbero rappresentare lo spazio circostante tenendo di conto delle altrui risorse motorie, ed essere in questa maniera maggiormente predisposti a percorrere le distanze e gli spazi.
Nell’ambito dello sport podistico, i nostri dati potrebbero offrire una valida base scientifica per creare applicazioni multimediali con un’interfaccia virtuale dell’ambiente e un “avatar-gemello” che riproduca i movimenti dell’atleta e lo aiuti a percepire il percorso come più agevole e meno faticoso, oltre che facilitare aggiustamenti e correzioni posturali.